ANTONIO LECCI
Cronaca

Viale città di Cutro: "Non è omaggio alla mafia. Ma alla nostra operosità"

L’ex assessore del Comune calabrese, Gaetano Squillace, interviene nel dibattito dopo la proposta lanciata dall’ex prefetto Antonella De Miro di cambiare il nome "Le azioni dei Grande Aracri ci hanno fortemente danneggiato nello sviluppo".

L’ex prefetto Antonella De Miro con il sindaco di Rubiera Emanuele Cavallaro

L’ex prefetto Antonella De Miro con il sindaco di Rubiera Emanuele Cavallaro

Non si placa il dibattito sulla proposta dell’ex prefetto reggiano, Antonella De Miro, che nei giorni scorsi, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Rubiera, ha chiesto di sostituire l’intitolazione di "Viale Città di Cutro" con "Via Città libera da tutte le mafie", in una realtà, come quella di Reggio, che ha accolto un processo antimafia importante, come Aemilia.

"Ero presente, da assessore all’ambiente, all’inaugurazione di quel viale. Era il 18 luglio 2009. Un giorno di festa per Reggio Emilia e per la comunità cutrese – dichiara Gaetano Squillace, ex assessore a Cutro – che si è caratterizzata fin dall’inizio per il rispetto verso Reggio Emilia e i suoi cittadini, con riconoscenza alla terra emiliana che ha dato possibilità di sviluppo economico e di emancipazione sociale che sono mancate nella terra di origine. Reggio Emilia e le sue istituzioni hanno sempre ricambiato con affetto e accoglienza il contributo dato dai lavoratori di Cutro".

E aggiunge: "Quel viale non è mai stato e non sarà mai un omaggio alla criminalità. Al contrario, è un simbolo della storia di due comunità che hanno fatto del lavoro, dello sviluppo economico, dei diritti un loro punto di forza. Quel viale è la strada che decine di lavoratori onesti non hanno potuto prendere, per fare ritorno al Sud dai propri cari, perché caduti sul posto di lavoro. È la strada che tanti lavoratori onesti non hanno potuto raggiungere perché hanno perso la vita in incidenti stradali mentre dal Sud risalivano la penisola per tornare nella terra che aveva dato loro accoglienza e lavoro".

Anche per questo, dice, le parole del Prefetto, per la quale la parola "Cutro su un’insegna stradale ’evoca la ‘ndrangheta reggiana che pretendeva di comandare la città’, destano amarezza. Sono la negazione stessa della storia di Reggio Emilia, che, come affermato dalla dottoressa De Miro, è conosciuta in Italia e nel mondo per aver contribuito alla liberazione dal nazifascismo delle leggi razziali e alla costruzione della Repubblica democratica. Cancellare quel nome rappresenterebbe una deleteria semplificazione. Significherebbe cancellare anche quelle azioni fatte dalla parte sana delle due comunità che, per anni, ha costruito ponti, non barriere. Quella che ha scelto di vivere nella legalità e che, ormai da quattro generazioni, ha fatto dell’Emilia la propria casa. Alfonso Mendicino non rappresenta quella comunità. È un uomo condannato, le cui parole e le cui azioni offendono anche quei cutresi perbene che hanno vissuto nel lavoro e nella legalità. Sarebbe un altro grave errore continuare a elevarlo a simbolo o rappresentante di una comunità, facendone quasi un fenomeno mediatico. Parole come quelle vanno solo ignorate e non enfatizzate. La mafia si combatte con le inchieste, con il rigore delle istituzioni, con l’educazione e con la verità".

L’ex assessore cutrese conclude: "Le azioni degli appartenenti ai clan Grande Aracri hanno fortemente danneggiato i cittadini di Cutro, bloccato e ritardato lo sviluppo del nostro territorio. Quella di Cutro e Reggio Emilia è storia di dignità da valorizzare, non di vergogna da dimenticare. Va recuperato il rapporto con Reggio Emilia e le sue istituzioni da parte del Comune di Cutro per fare fronte comune e riprendere la lunga collaborazione. E quel viale è, sicuramente, uno di quei simboli da cui ripartire".