Reggio Emilia, il profugo violentatore ha confessato tutto alla famiglia della vittima

Ora è ai domiciliari, ma il connazionale che lo ospita non lo vuole più. Il pm chiederà la custodia cautelare in carcere

Il sostituto procuratore Maria Rita Pantani che coordina le indagini

Il sostituto procuratore Maria Rita Pantani che coordina le indagini

Reggio Emilia, 18 agosto 2017 – «Ti avevo detto di non dire niente...». Questa la frase raccapricciante che avrebbe pronunciato il 21enne scagliandosi verbalmente contro il piccolo di 13 anni. Tutto questo davanti ai familiari del ragazzino.

Poche ore dopo il fattaccio, il bambino è corso dai genitori raccontando i momenti di terrore. Tutto nei minimi dettagli, compreso chi fosse stato. Il padre a quel punto prende il telefono e chiama il presunto violentatore. Che in un primo momento nega tutto. Ma alla sera, i familiari vanno direttamente da lui che abita proprio di fianco a casa loro. Di persona e assieme al 13 enne. E qui sarebbe arrivata la confessione.

Il pakistano rischia una condanna pesantissima. Dovrà rispondere di violenza sessuale con tre aggravanti: la prima riguarda l’età infra quattordicenne del minore; la seconda concerne la disabilità e l’ultima è data dal fatto che lo abbia portato in un luogo isolato.

I fatti risalgono al 10 luglio scorso. Partono le indagini e il caso arriva fra le mani del sostituto procuratore del tribunale di Reggio il 19 luglio, Maria Rita Pantani che fa scattare immediatamente la richiesta di custodia cautelare. E proprio quando la notifica del procedimento in atto arriva all’indagato, quest’ultimo si ripresenta alla porta per chiedere scusa alla famiglia.

Il 10 agosto poi è arrivata la decisione del Gip Giovanni Ghini che ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari, col mandato di arresto eseguito però solo due giorni fa (tempistiche dovute alla traduzione dalla lingua urdu all’italiano di alcuni verbali del fascicolo) da parte dei carabinieri della bassa reggiana.

Sui domiciliari però sorge un problema. Il giudice Ghini non ha optato per il carcere motivando la decisione col fatto che il luogo in cui vive è facilmente controllabile e per giunta facendo a meno anche del braccialetto elettronico. E che inoltre, non esisterebbe pericolo di fuga poiché avrebbe già confessato in parte e in quanto richiedente asilo, rischierebbe il rimpatrio e dunque sarebbe costretto a ‘rigare dritto’. Con una condizione da aggiungere: il divieto di espatrio.

Ma il connazionale che ospita in casa il ragazzo – che si sarebbe trasferito da lui per avvicinarsi al lavoro che però al momento aveva perso, dunque è disoccupato – ha già fatto sapere di non volerlo più.

Il 21enne che ha presentato un anno fa – periodo in cui è arrivato in Italia – la richiesta di rifugiato, risulta domiciliato in realtà in un’altra abitazione presso un nucleo familiare (sempre di connazionali) dove però non può andare vista la presenza di tre minori. Gli inquirenti vogliono inoltre approfondire anche quest’aspetto e capire se possono esserci stati anche eventuali abusi nella precedente abitazione. Le modalità con cui ha violentato il ragazzino, lascia presupporre che non sarebbe la prima volta.

Per questo il pm Pantani chiederà la custodia cautelare in carcere.

Innanzitutto, essendo vicino di casa della vittima, è inopportuno che stia ai domiciliari proprio lì, a maggior ragione se chi lo ospita non lo vuole. E le pulsioni erotiche verso i minori, portano a scartare l’ipotesi del precedente domicilio, vista la presenza di tre ragazzini.

Stamattina nel tribunale di Reggio, il 21enne profugo sarà sottoposto all’interrogatorio di garanzia, alla presenza dell’avvocato difensore Giuseppe Caldarola, assegnato d’ufficio. Poi il giudice deciderà.

LA FRUSTA Maglie larghe - di BEPPE BONI