Visite ospedaliere, la Cgil s’arrabbia "Agende chiuse, pratica illegale Chiediamo un incontro con l’Ausl"

Il segretario dello Spi: "Troppi disagi, molti pazienti devono scegliere il canale privato rinunciando a un diritto"

Visite ospedaliere, la Cgil s’arrabbia  "Agende chiuse, pratica illegale  Chiediamo un incontro con l’Ausl"

Visite ospedaliere, la Cgil s’arrabbia "Agende chiuse, pratica illegale Chiediamo un incontro con l’Ausl"

Stavolta è la Cgil ad arrabbiarsi con l’Ausl: basta con la pratica "espressamente vietata dalla normativa vigente" delle ’agende chiuse’, cioè il rifiuto di fissare prestazioni e visite specialistiche e l’invito, ai pazienti, perché richiamino più avanti.

"La prassi ormai abituale di “chiudere” le agende per la prenotazione di prestazioni sanitarie – denuncia Matteo Alberini, segretario dello Spi-Cgil – comporta un grave disagio per i cittadini reggiani utenti del Servizio sanitario nazionale. Un disagio ancor più grave per gli anziani, soprattutto se non avvezzi all’uso dei sistemi telematici, costretti a recarsi più volte presso i punti di prenotazione (CUP o Farmacup) o di mettersi in paziente attesa al CupTel, nella speranza di azzeccare il giorno in cui viene riaperta l’agenda di proprio interesse. Ulteriore disagio quando viene proposta la prestazione richiesta in un luogo molto distante dalla propria residenza".

Il risultato? "A causa di questa situazione, molti scelgono il canale privato, accollandosi per intero il costo della prestazione, mentre sarebbe loro diritto ottenerla dal sistema pubblico dietro pagamento del solo ticket, se dovuto. Altri semplicemente rinunciano. E’ poi del tutto incomprensibile come a volte, a seguito della necessità di una prestazione disposta da uno specialista in ambito ospedaliero, non sia la struttura stessa ad effettuare direttamente la prenotazione all’atto della prescrizione (la cosiddetta presa in carico), evitando di rinviare il cittadino al Cup con il rischio di trovarsi l’agenda chiusa, senza quindi la possibilità di rispettare i tempi richiesti. Tra le tante difficoltà in cui versa il nostro sistema sanitario, questa è senz’altro quella di cui gli anziani si lamentano di più, chiedendoci di intervenire, ma si tratta a nostro avviso anche della più facile da risolvere, semplicemente lasciando le agende sempre aperte, anche a rischio di proporre tempi che vanno oltre a quelli massimi previsti dalle direttive regionali".

Perché questo, si sospetta, sarebbe l’obiettivo di queste agende chiuse per mesi e poi riaperte all’improvviso, sotto data: far figurare i tempi d’attesa della sanità in linea con i parametri strignenti stabiliti della Regione (30 giorni per le visite, 60 per la diasgnostica).

"In questo modo – riprende Alberini – non si risolverebbe di certo il problema delle liste di attesa, ma almeno si toglierebbe di mezzo la falsa rappresentazione di un sistema che è in grado di rispondere a tutti i bisogni nei tempi dati, visto che sappiamo tutti, per esperienza diretta, che questa non è la realtà che vivono i cittadini. Si tratta inoltre di una pratica espressamente vietata dalla normativa vigente, pertanto ci rivolgiamo alla dirigenza dell’Ausl affinché la abbandoni una volta per tutte. A tal fine abbiamo richiesto un incontro alla stessa Direzione per esaminare le possibili soluzioni da adottare per risolvere tale situazione". E adesso palla nell’altro campo.