Morto Nino Spallanzani, imprenditore coraggioso

Deceduto all’improvviso, a 76 anni, il fondatore dell’impero nato con l’acciaio. Ottimista, lavoratore infaticabile, amava l’arte e la musica

Erminio ’Nino’ Spallanzani

Erminio ’Nino’ Spallanzani

Reggio Emilia, 14 ottobre 2022 - Un malore nel cuore della notte. L’imprenditore Nino Spallanzani, 76 anni, è morto all’alba nella sua casa, tradito dal suo cuore generoso. Si è spento nel conforto degli affetti più cari, come in uno di quei quadri del classicismo di Guido Reni che tanto amava: coi figli Fernando e Maria Chiara a stringergli le mani; accanto, il fratello Alberto. Erminio ’Nino’ Spallanzani, costituì un impero industriale rilevando le acciaierie di Modena. In seguito, si dice dietro le pressioni dell’allora ministro dell’Industria Renato Altissimo, dovette cessare l’attività.

E lui, con la determinazione e la curiosità di un esploratore d’altri tempi, decise di affrontare altre sfide, di attraversare nuovi mari, di diversificare le attività: dall’acciaio (Stilma-Interacciai-Tubimec) nacquero per gemmazione Inagra (zuccheri), Privata leasing (finanza) e in seguito le attività editoriali (Teletricolore, E’Tv-Rete7, L’Informazione, Stampa Reggiana), e quelle immobiliari (l’area delle ex acciaierie di Modena venne completamente riqualificata).

Spallanzani – dopo essere stato consigliere in Fineco e poi in Bper – è stato l’unico, insieme alla famiglia Maramotti, capace di dar vita a una banca.

"Era una persona estremamente determinata, coerente nel suo impegno, sempre tesa al bene dell’impresa e di chi nell’impresa lavorava. Una persona che non provava paura, in nessuna circostanza", ricorda con commozione, soppesando le parole, il direttore di Teletricolore Giovanni Mazzoni, dal 1994 stretto collaboratore dell’imprenditore.

"Una volta – ricorda i – mi ha raccontato il suo impegno seguito alla chiusura delle grandi acciaierie. Avvertiva il dovere di ricollocare tutti i dipendenti nelle attività del gruppo".

Un interesse, quello per il lavoro, che non era venuto meno nemmeno dopo il 2014, quando Nino venne colpito da un arresto cardiaco.

L’impero – che oggi conta 650 dipendenti, e un fatturato superiore al mezzo miliardo – passò nelle mani del figlio Fernando, che cedette le attività editoriali (pur continuando ad affiancare Teletricolore) e si concentrò su industria e finanza.

Va detto che Interacciai (14 filiali in Italia, altre 9 nel mondo) godeva e gode di ottima salute. Eppure Nino chiedeva notizie al figlio, dava consigli, non rsi sottraeva all’amore per il lavoro, ad un incrollabile senso del dovere.

Chi era il Nino privato? Un ottimista. Un marito innamorato, un nonno allegro, complice nelle gioie, il pilastro cui aggrapparsi nei momenti dolorosi, un padre disposto a rovesciare il mondo pur di trovare le cure per la figlia terzogenita Maria Cecilia, cui erano stati diagnosticati pochi mesi di vita. La ’Ceci’ morì troppo presto (nel 2019), ma nel frattempo - grazie soprattutto all’ostinata determinazione paterna – riuscì a trasformare quell’infausto pronostico di pochi mesi in anni di felicità, e a diventare mamma.

Per Nino la famiglia era il fulcro dell’esistenza, il suo porto sicuro. Aveva sposato una persona portentosa, di grandi energie e carattere, Maria Vittoria Visconti, per gli amici Jojo, figlia di quel Carletto Visconti, imprenditore e uomo di sport, che fu uno dei più longevi e amati presidenti della Reggiana ai tempi del triumvirato con Lari e Degola.

Di Jojo (deceduta nel 2004 all’improvviso, colpita da un’emorragia celebrale durante una festa di nozze) Nino condivideva tutto, a partire dall’attività filantropica che la moglie portava avanti con l’abnegazione e il passo di un vero soldato di Cristo. Jojo, con l’Unitalsi, accompagnava e accudiva gli ammalati a Lourdes, seguita con la stessa dedizione dalle due figlie Maria Cecilia e ’Picci’ (Maria Chiara); ma Jojo (dopo la mamma Alma Visconti Alberti e prima della sorella Maria Chiara) era anche la colonna portante della Mensa del Vescovo. E Nino era dietro le quinte. Come i veri benefattori, non si faceva pubblicità.

La morte della moglie fu un colpo durissimo. Si era rifugiato nel lavoro, nell’amore per i figli e poi dei nipoti, nella musica (che ascoltava in una stanza dedicata) nella contemplazione dell’arte. Agli amici raccontava di rimirare a lungo ore il quadro che più amava cercando di intuire le emozioni che avevano guidato la mano dell’autore. Una vita riservata.

Poco prima dell’infarto patito nel 2014 nacque un’amicizia con Catherine Spaak. In città, si sparse subito la voce. Nino ascoltava volentieri gli aneddoti dell’attrice, di cui apprezzava l’intelligenza viva. Ma l’amore era tutto riversato sui figli e sui sei nipoti, ai quali ha potuto offrire tanto: l’esempio di una vita davvero speciale, sempre spesa con coraggio.