
Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio
Reggio Emilia, 7 febbraio 2025 – Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, lo spettro dei dazi di Trump spaventa anche il re dei formaggi?
“Devono spaventarci, sarebbe da irresponsabili non prendersene cura”.
Anche perché gli Stati Uniti sono il vostro primo mercato estero...
“Sì, la nostra quota export verso gli Usa è oltre il 22%, pari a più di 14.000 tonnellate. E il rischio è che vengano presi provvedimenti di tutela che influenzino il mercato colpendo in maniera indiscriminata anche chi, come noi, copre circa il 7,5% del mercato dei formaggi a pasta dura negli States”.
Trump invece pensa di tutelare gli agricoltori americani.
“Il Parmigiano Reggiano viene venduto a 20 dollari a libbra, a differenza dei 10 dollari a libbra dei parmesan. Negli Usa chi compra il nostro formaggio fa una scelta consapevole perché ha un 93% di mercato di alternative che costano la metà. Imporre dazi al nostro prodotto aumenterebbe in realtà solo il prezzo per i consumatori, senza proteggere i produttori locali. Inoltre aumenterebbe pure l’inflazione negli Stati Uniti, quando il governo Trump ha dichiarato di volerla ridurre”.
Quattro anni fa nel primo governo del tycoon i dazi furono un fulmine a ciel sereno.
“Stavolta no. Era una ‘guerra’ preannunciata, dunque c’è stato il tempo per mettere in campo una serie di azioni col supporto di Governo italiano, Ue e commissione europea. La diplomazia sta lavorando, ma sarebbe un grande errore se ognuno bilateralmente guardasse solo al proprio pezzettino: l’Europa unita deve negoziare. Siamo ottimisti perché crediamo che questa politica di Trump non abbia le gambe per andare avanti e si dovrà trovare una contropartita per alleggerire i dazi. L’Italia può essere il ponte tra Unione Europea e Usa”.
E il vostro Consorzio cosa può fare?
“Mettere a disposizione i nostri 90 anni di esperienza e mille anni di storia di prodotto, insegnandolo agli americani”.
Ci spieghi meglio.
“I farmers americani in difficoltà vengono pagati 28 centesimi al litro, noi abbiamo il latte più valorizzato e pagato del mondo. Ci sono produzioni speciali di formaggi a pasta cruda in Wisconsin, Massachussetts e Vermont. Faremo in modo che vengano riconosciuti e tutelati in Europa e, perché no, promossi con un’etichettatura chiara e trasparente. Vogliamo lavorare con le istituzioni, le associazioni e le imprese statunitensi per supportarli. A patto, però, che ci sia una reciprocità di imposizione e riconoscimento per il Parmigiano Reggiano”.
Qual è il vostro primo passo?
“In realtà lo abbiamo già fatto. A fine luglio abbiamo aperto un ufficio operativo a New York, nell’Empire State Building, per avere una maggiore efficacia nelle operazioni di tutela, vigilanza e promozione nel mercato Usa, ma anche di formazione al consumatore. Vorremmo avere voce al Congresso americano facendo capire loro che possiamo contribuire ad aumentare il Pil del Paese e non depauperandolo”.
Lei ha un’azienda agricola nelle colline di Parma, dove in pochi chilometri c’è tutta la filiera del Parmigiano-Reggiano: allevamento, produzione, vendita e ristorante. Un esempio appreso proprio nel continente americano...
“Ho vissuto in Canada, dove ho studiato nella facoltà di agraria dell’Università di Guelph per conseguire un master in Business Administration. E qui ho imparato il concetto di ‘experience’ e quanto sia fondamentale per il cliente vivere la filiera corta”.