No vax, denunciato un 'guerriero' reggiano. In casa aveva manganello e katana

La Digos fa irruzione a casa del 33enne che in una chat su Telegram incitava alla violenza. Nei guai con lui altre sette persone. Per gli inquirenti volevano colpire istituzioni e giornalisti

No vax, il 'guerriero' reggiano aveva in casa manganello e katana

No vax, il 'guerriero' reggiano aveva in casa manganello e katana

Reggio Emilia, 10 settembre 2021 - Trentatré anni, artigiano, incensurato. Un no-vax apparentemente tiepido, di secondo piano. Mai sceso in piazza coi no-pass, nei cortei che ogni sabato sfilano per la città per contestare l’introduzione della certificazione. Ma sul web, l’anonimo fante delle retrovie si trasformava nel più giovane ufficiale di prima linea dei "guerrieri", il nome della chat di Telegram che lo vedeva tra i protagonisti. Incitava ad andare a manifestare a Roma, invitava i ’commilitoni’ a compiere atti di violenza. "Se mi scoprono, per quello che ho, sicuramente mi arrestano per terrorismo", scriveva.

E come ogni guerriero, il 33enne si era armato: un manganello telescopico, una katana giapponese, una sorta di pistola caricata a spray irritante. Aveva anche qualche grammo di marijuana. Magari per darsi coraggio, come accadeva prima degli assalti.

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Gli uomini diretti dal dottor Lucio Di Cicco – in collaborazione con l’antiterrorismo della Procura di Milano e la Polizia Postale meneghina – hanno fatto irruzione nella casa del 33enne all’alba di ieri. L’uomo è stato denunciato per istigazione a delinquere aggravata dall’uso di mezzi tecnologici, cui certamente seguirà l’accusa per la detenzione di armi. Stessa sorte è toccata ad altri sette guerrieri della chat di Telegram che contava circa 200 iscritti: quattro uomini e tre donne, tutti più maturi del 33enne. Due sono di Milano, due di Bergamo, due di Roma, uno di Venezia, uno di Padova. Secondo gli inquirenti, l’obiettivo degli otto era quello di passare dalle parole ai fatti, provando ad alzare il livello dello scontro nei cortei no-vax, portando armi ed esplosivi per colpire giornalisti e forze dell’ordine, e occupare i palazzi del potere.  

"Si tratta di persone normali, comuni cittadini, di un livello culturale basso, incensurate, senza alcuna significativa militanza politica alle spalle e mai scesi in piazza prima", spiegato il dirigente della Digos di Milano, Guido D’Onofrio, e quella della Polizia Postale, Tiziana Liguori, che hanno sottolineato i propositi violenti e i toni particolarmente aggressivi con i quali gli indagati avrebbero tentato di sobillare gli altri partecipanti alla chat, in un florilegio di teorie negazioniste. "I primi che dobbiamo colpire sono i giornalisti, li dobbiamo fare fuori, ci sono le molotov per fare saltare i furgoni delle televisioni", si sarebbero detti, tra gli altri, gli otto, uno dei quali aveva acquistato sul web due tirapugni dopo aver provato invano a comperarli in tre armerie. L’unica persona legata a qualche ideologia politica era una donna in provincia di Venezia, che in passato era stata vicina agli ambienti indipendentisti dei Serenissimi – quelli che con il carrarmato fatto in casa occuparono piazza San Marco nel 1997 – e a cui era stato revocato, in passato, il porto d’armi per problemi psichiatrici. Un altro le armi da fuoco le aveva davvero: due pistole per uso sportivo. Ufficialmente.