"Spese pazze in Regione, condannate Fabio Filippi a due anni"

Le richieste del pm per l'ex consigliere del Pdl

Fabio Filippi

Fabio Filippi

Reggio Emilia, 16 marzo 2017 - Due anni di reclusione per quelle «spese pazze». Tanto ha chiesto il pm di Bologna Antonella Scandellari, al termine della sua requisitoria, per l’ex consigliere reggiano del Pdl Fabio Filippi, accusato di peculato per i rimborsi percepiti tra il 2010 e il 2011. Chieste le condanne anche per gli altri tre consiglieri azzurri che hanno scelto il rito abbreviato (con sconto di un terzo della pena), per gli altri il rinvio a giudizio. La conclusione è arrivata al termine dell’udienza preliminare di ieri; fissata per inizio aprile l’arringa del suo difensore Liborio Cataliotti, che ha già depositato una dettagliata memoria. 

Filippi, a inizio anno, era già stato condannato – in parallelo, ma con un’indagine diversa – dalla Corte dei Conti e dovrà rifondere alle casse pubbliche la metà di 25.334 euro (in solido con Luigi Giuseppe Villani); nella sentenza, si parlava genericamente della mancanza della «documentazione adeguata» rispetto ai rimborsi ottenuti per pranzi di lavoro.

Sono 400 gli scontrini dell’ingegner Filippi finiti nella bufera. Dodici pagine di contestazioni: dall’acquisto di abbigliamento («spese di rappresentanza»), ai pasti in rifugi del Trentino sotto Capodanno («incontri con dirigenti e simpatizzanti Pdl»), fino al cibo in una macelleria di Casina («spese di rappresentanza»). 

Tredici capitoli, per un totale contestato di 94.241,77 euro di rimborsi che vanno da novembre 2008 a maggio 2010. Le voci maggiori: spese di trasporto (42.109 euro, il 98% con l’auto privata), ristorazione (24.883 euro), tipografia e stampe (8.654 euro), spese di rappresentanza (5.825 euro) e valori bollati (5.406 euro).

Tra i più curiosi, uno scontrino da 28 euro all’Antica macelleria Bonini di Casina («spese di rappresentanza») il 23 dicembre 2008 o l’acquisto del giorno successivo di un rasoio elettrico all’Unieuro di Reggio, per 119 euro (sempre «spese di rappresentanza»). Ci sono poi i due pasti in Trentino tra il 2 e il 3 gennaio 2009 (al rifugio Solander a Commezzadura, «incontro con dirigente Pdl») e il giorno dopo tre pasti al rifugio Orso Bruno a Malè (per «incontro con simpatizzanti Pdl»). Ecco la missione a Cutro a maggio 2009 (1.586 euro di spese di viaggio in auto, 185 euro per nove pasti e altri 150 euro sempre per nove persone: «missione Cutro, festa del Crocifisso, incontro con simpatizzanti»). Un viaggio di fine giugno a Orbetello, con rimborsi per due giorni in un bungalow («incontro con esponenti locali del Pdl di Orbetello»). Ad agosto 2009 va al meeting di Cl e tra le spese 2mila euro per tre persone («vitto e alloggio vacanza della famiglia»). Ci sono poi profumi, maglie da donna, accessori, scarpe e camicie. In particolare compare una spesa da 173 euro in una profumeria a Casina, rubricata come «documentazione libri». Infine, ci sarebbero tre ricariche telefoniche da 50 euro sul numero intestato alla figlia.

Secondo il suo difensore, però, è tutto ampiamente giustificato. Cibo, cravatte, abiti, macelleria, ricariche telefoniche, profumi: rientra tutto nell’attività politica; quindi, ovvio, «spese di rappresentanza». «Abbiamo già presentato giustificazione per ogni spesa contestata», chiosa Cataliotti. E cita una sentenza (Scionciaforni) in cui viene messo nero su bianco che «i regali (anche abiti) fatti a personale politico che magari ti ha aiutato, possono essere ritenuti inerenti all’attività politica; perché un consigliere lo fa 360 giorni l’anno», incalza l’avvocato. Politica, dunque, si fa sempre: anche a Capodanno, il sabato e la domenica soprattutto. Anche le spese alla «profumeria e alla macelleria di Casina – continua Cataliotti – sono state fatte per doni politici. Ci sarà stato solo un errore di trascrizione nel scrivere ‘documentazione libri’». 

E le ricariche telefoniche ai familiari? «È vero che ha pagato ricariche telefoniche a chi l’ha aiutato a organizzare gli eventi politici – chiosa il legale –. Ma nell’avviso di fine indagine si fa riferimento a uno dei figli, cui sarebbe stata intestata la scheda Sim: fatto impossibile perché all’epoca era minorenne. In ogni caso anche le figlie di Filippi svolgevano attività militante». Insomma, «scontrino per scontrino abbiamo giustificato tutto. Nella modulistica della Regione non era richiesto di inserire il destinatario del regalo». E, stando alle difese, è onere della procura dimostrare che quei presenti non fossero destinati a politici. Non degli imputati.