Fibromialgia, la dottoressa. "Ecco quali sono i sintomi"

La dottoressa Rossi (Villa Verde): "Importante raccogliere tutti i dati"

Fulvia Rossi

Fulvia Rossi

Reggio Emilia, 18 febbraio 2019 - E' una malattia molto frequente e subdola che può portare alla prostrazione chi ne soffre e che mette i medici di fronte alla difficoltà di arrivare ad una diagnosi definitiva. Tanto che la chiamano la ‘malattia invisibile’. Secondo gli ultimi dati disponibili, si stima che colpisca il 2% della popolazione, donne soprattutto (in Emilia Romagna ne soffrono circa 65mila persone).

Stiamo parlando della fibromialgia, «una patologia reumatica molto sottostimata – afferma la reumatologa di Villa Verde, Fulvia Rossi (nella foto) – che ha scontato negli anni una mancanza di riconoscimento anche da parte dei medici e che ha costi sociali elevati».

Dottoressa Rossi, una patologia difficile da inquadrare...

«È considerata una patologia non visibile nel senso che non ha dei segni e dei sintomi visibilmente obiettivabili, ma è più che altro una patologia che viene molto ‘sentita’ dai pazienti essendo una sindrome caratterizzata da un dolore cronico diffuso. Spesso non ci sono marcatori di laboratorio: gli esami del sangue possono essere perfetti. Esistono però delle aree di dolore che il medico può evocare dall’esame obiettivo».

Quindi cosa bisogna fare?

«Bisogna andare a ricercare questa mappatura dei punti dolenti».

Quali indicatori debbono sussistere per poter dire che un paziente soffre di fibromialgia?

«Deve esserci una costante presenza di tre sintomi fondamentali: il dolore diffuso al di sopra e al di sotto della cintola; un dolore anche localizzato in alcune parti dello scheletro, la parete toracica anteriore, la regione dorsale; e una costante presenza di turbe del sonno (un sonno non ristoratore, ci si sveglia ancora più stanchi di prima). Questa malattia comporta una disabilità importante che condiziona chi ne soffre con una qualità di vita molto scadente. Il malato ha una soglia del dolore molto bassa e avverte una sensazione dolorosa anche a stimoli non dolorosi».

Che differenza c’è rispetto ad altre malattie reumatiche?

«La fibromialgia non è un reumatismo di tipo infiammatorio. Il malato va tranquillizzato: è una condizione che non causa mai deformazioni articolari come capita ad esempio nell’artrite reumatoide o nell’artrosi».

Qual è l’evoluzione della fibromialgia?

«È una malattia conosciuta fin dai tempi di Ippocrate. Nel corso degli anni è stata annoverata anche tra le patologie di tipo psichiatrico (veniva chiamata reumatismo psicogeno perché non se ne vedevano i sintomi ma il malato stava sempre male)».

Da quello che si diceva la diagnosi è spesso molto difficile...

«La diagnosi è esclusivamente clinica ed è per esclusione. Importantissimo raccogliere tutti i dati del paziente in quanto a volte viene diagnosticata con una latenza di 10 anni. Poi oltre ai tre sintomi principali ce n’è una marea di minori (per esempio difficoltà di concentrazione, emicrania) che creano un quadro multiforme».

Ci sono fattori scatenanti?

«Incidono senz’altro fattori genetici e ambientali (alcol, fumo, traumi fisici o psicologici ad esempio)».

Come si cura?

«I farmaci anti-infiammatori non servono a nulla. In primo luogo bisogna spiegare la malattia a un paziente che spesso non riesce a far capire cos’ha. Poi è fondamentale un costante esercizio fisico. Infine la terapia: quella farmacologica (analgesici, paracetamolo) è l’indicazione meno forte. Quella non farmacologica consiste nell’idroterapia, nell’aerobica dolce, nella fisiokinesi e nella cognitiva comportamentale».