Niente Oscar a Peppone e Don Camillo, fu un complotto della Cia

Negli archivi dell’intelligence spunta una lettera del ’53: niente premio

"Il piccolo mondo di Don Camillo", con Gino Cervi e Fernandel

"Il piccolo mondo di Don Camillo", con Gino Cervi e Fernandel

Reggio Emilia, 30 gennaio 2016 - «Caro Owen, credo che siamo riusciti a lasciare fuori The Little World of don Camillo…». È il 1953, una lettera nasconde tra gli svolazzi della calligrafia nervosa un complotto da Oscar.

Quello della Cia contro Gino Cervi e Fernandel, lanciati verso la statuetta dorata nei panni di Peppone e don Camillo, il sindaco comunista più noto del grande schermo e l’energico prete di Brescello. Ideato letterariamente da Giovannino Guareschi, il duo ha fatto divertire, commuovere e riflettere generazioni intere.

 

La notizia arriva da Hollywood, sottolineata da documenti a lungo custoditi negli archivi della Cia. Trascorso il lungo periodo previsto dalla legge, sono a disposizione degli studiosi. Che hanno ricostruito un intrigo tessuto in piena Guerra Fredda, in bilico tra narrativa, celluloide e spionaggio.

«Sono convinto che sia vera la notizia dell’ingerenza della Cia per impedire l’assegnazione dell’Oscar al film Il mondo piccolo di don Camillo, ispirato alle storie di mio padre, anche per il fatto che da quando se n’è parlato, non è mai stata smentita», afferma Alberto Guareschi, figlio dello scrittore. «Comunque quello che conta sono i fatti, cioè che il film ancora oggi funziona molto bene, pur senza l’Oscar, e lo stesso vale per il mancato Nobel per la letteratura, visto che le opere di mio padre continuano a viaggiare nel mondo con grande successo».

Guareschi è stato recentemente tradotto anche in Russia. Un’iniziativa per certi aspetti epocale, che ha riscosso parecchio successo.

Riavvolgiamo la pellicola. Il film girato nella Bassa padana, «in quella fetta di pianura che sta tra il Po e l’Appennino», trionfa al botteghino: l’incasso è di un miliardo e mezzo di lirette, per l’epoca una cifra astronomica.

La versione americana vede Orson Welles prestare la voce al Cristo in croce che, nella chiesa di Brescello, dialoga con Fernandel-don Camillo. È destinato a essere incluso nella lista dei film stranieri in corsa per l’Oscar.

Ma ecco la lettera. «Nella prima parte del 1953 un esecutivo della Paramount spedì una serie di relazioni alla Cia», spiega David Eldridge, esperto di cinema e docente universitario. Per poi rivelare in un lungo saggio che tutto ruota attorno a Luigi Luraschi. È lui l’autore della missiva e referente Cia nel mondo del cinema. «Mi sono mosso contro», scrive Luraschi. In pratica, questo Oscar non deve andare al sindaco comunista e al prete di quel paesino, in Italia. Faranno anche a pugni, ma alla fine si bevono un bicchiere di vino in compagnia.

La questione della coesistenza non è gradita a certi ambienti americani: con l’ideologia comunista non può esserci confronto. Del resto, lo scenario internazionale è quello dei blocchi contrapposti, della minaccia nucleare, della crisi tra Usa e Urss, dei modelli economici e sociali agli antipodi.

E l’Oscar finì altrove (al francese Giochi proibiti del regista René Clément). È proprio vero che quando ci sono di mezzo don Camillo e Peppone, tutto può accadere. Tranne che annoiarsi.