Montecchi promuove la Unahotels "Mi piace Robertson e Reuvers è ok"

Piero domenica sarà al PalaBigi con i compagni della squadra che nel 1982 conquistò la storica promozione in A2

Migration

di Francesco Pioppi

Nel suggestivo ritorno al PalaBigi che si celebrerà domenica alle 17,35 con Tortona non poteva mancare l’eroica squadra che il 16 maggio del 1982 conquistò la storica promozione in Serie A2, aprendo di fatto un ‘filone d’oro’ che non si è mai esaurito. In quel collettivo Piero Montecchi era l’astro nascente che, partendo dalla centralissima via Monzermone arriverà fino alla conquista della Coppa dei Campioni con l’Olimpia Milano.

Montecchi, come sta?

"Bene, vivo sempre a Miami, ma ogni tanto si fa sentire quella che io definisco l’allegra malinconia di casa. Ero tornato per la prima volta a giugno dopo più di tre anni e sono di nuovo qui in questi giorni, Reggio adesso è più moderna, ma in fondo è sempre la stessa che ho lasciato per la prima volta nel 1987 e per me è proprio quello il bello". Quando a chiamarla fu Dan Peterson che ripete spesso di aver visto in lei il prototipo del playmaker moderno.

"Non ero il solo, ma per la mia conformazione fisica sono stato tra quelli hanno sdoganato il play alto anche più di 190 cm. Sono stato anche fortunato perché ero atletico e veloce e riuscivo comunque a stare dietro a quelli più bassi e questo era un talento naturale".

Chi era il suo idolo?

"Se parliamo di basket ho amato Michael Jordan e in Europa ammiravo Drazen Petrovic, nel calcio invece Johan Cruijff e infatti portavo il numero 14 come lui: un giocatore moderno, alto, magro, precursore dei tempi…Fantastico!".

Petrovic è anche il mito di suo nipote, Davide Giudici, presidente della Fip provinciale che si sta muovendo bene: il basket è un affare di famiglia.

"È un ragazzo molto in gamba, poliedrico, che ha avuto un’ottima carriera come giocatore, ma si è formato anche come coach e dirigente. Da quel che so ha dato una bella rinfrescata alla macchina della federazione e credo che se avrà voglia di crescere ne ha tutte le possibilità".

Ha visto all’opera la nuova Unahotels?

"Ho visto un amichevole e un allenamento perché sono andato a salutare il mio amico Max Menetti che sono sicuro farà bene perché è un super coach. Gli dico sempre che mi piacerebbe se diventasse il Jerry Sloan di Reggio (tecnico per 23 anni sulla panchina dei Jazz, ndr) Prime Impressioni? Cincia è una certezza, mi piace molto Robertson perché è sempre sotto controllo e in attacco sa fare tutto è poi mi ha incuriosito Reuvers: magari non è un combattente nato, però capisce il gioco e fa quasi sempre la scelta giusta". Che effetto le ha fatto rivedere il PalaBigi?

"Invidia, perché finalmente giocano in un’arena. Non c’è più il controsoffitto con quei tubi, non ci sono più quelle finestrone che quando attaccavi verso il carcere avevi il sole negli occhi, insomma è bello. Unico neo sono quelle due tribunette color legno dietro ai canestri, ecco quelle si potevano togliere".

Forse con gli investimenti fatti soprattutto negli ultimi anni se ne poteva costruire uno nuovo, come avevano pianificato Landi e Dalla Salda quasi 20 anni fa.

"Alessandro ha sempre avuto una visione moderna delle cose, così come Landi. Diciamo, senza voler fare polemica, che l’impressione è che a volte la Pallacanestro Reggiana non sia stata sufficientemente considerata dalle istituzioni, mentre invece è un’eccellenza del nostro territorio al pari, per esempio, del Parmigiano Reggiano".