Kobe Bryant morto, il ricordo di Johnson Odom. "Mi ha insegnato ad essere il migliore"

Il dolore del cestista che giocò con Bryant ai Lakers: "Se sono un professionista è grazie alla sua mentalità"

Darius Johnson-Odom con la maglia dei Lakers insieme a Kobe Bryant

Darius Johnson-Odom con la maglia dei Lakers insieme a Kobe Bryant

Reggio Emilia, 30 gennaio 2020 - C’è un giocatore biancorosso che sabato sera, a Cremona, quando tutto il pubblico si alzerà in piedi , insieme alle squadre sul parquet, per il minuto di silenzio in ricordo di Kobe Bryant, avrà nel suo cuore un tumulto particolare. Parliamo di Darjus Johnson-Odom, fuoriclasse in forza alla Grissin Bon, che è stato suo compagno di squadra di ai Lakers nella stagione 2012/2013.

Johnson-Odom, come ha appreso della tragica morte di Bryant e quali sono state le sue sensazioni in quel momento? "Mi sono arrivati messaggi da amici giocatori con il link alla notizia. Ho sperato a lungo che fosse una fake-news. Poi, quando ho realizzato che era tutto vero ho dovuto sedermi un attimo, perchè mi sentivo davvero scoppiare il cuore. Mi è capitato anche di pensare, avendo anch’io una figlia, come deve avere vissuto gli ultimi istanti vicino alla sua, che pensieri avrà avuto. Sono stato davvero male a immaginare questo. Dobbiamo pregare tanto per lui, per la figlia scomparsa e per la sua famiglia".

Lei ha avuto il privilegio di giocarci insieme. Quali sono i suoi ricordi della comune militanza in maglia Lakers? "Un giocatore dall’etica del lavoro incredibile e una mentalità dura verso i compagni di squadra, ma sempre improntata all’amore nei loro confronti; era uno che ogni giorno, in allenamento o partita, ti spingeva sempre a migliorare e ti indicava come farlo. Lo faceva spesso in maniera diretta, ma perchè ci teneva a te. Se ora sono un giocatore professionista è grazie alla sua mentalità. Impegno e serietà, questo mi ha trasmesso. A livello personale questo lo potete capire dalla foto che ho messo su Instagram. Mi stava suggerendo come mettere in difficoltà Steph Curry; era bravissimo a scoprire dettagli del gioco che nemmeno allenatori famosi riuscivano a cogliere".

Un aneddoto particolare che la lega a Kobe Bryant? "Due. Il primo risale a una tournee di preseason in Cina. Mi stavo allenando con Ryan Kelly, altro rookie di quell’anno ai Lakers; dopo qualche mia buona azione Bryant mi disse: ti sto aspettando ragazzo, non sei ancora pronto per giocarmi contro anche se stai vincendo la partita, ti aspetto al varco. Il secondo: essendo un esordiente in Nba nei primi tempi non mi parlava quasi mai e soprattutto non mi chiamava per nome. Poi, durante una partitella di allenamento gli segnai un canestro da tre mentre mi marcava. Allora disse: bel lavoro Djo. Ecco, lì ho capito che avevo fatto davvero qualcosa di buono".

Il fatto di essere membro della Pallacanestro Reggiana, la squadra dove, da ragazzino, Kobe ha imparato a giocare a basket le ha mai dato qualche sensazione particolare? "Beh... è una cosa che mi hanno detto subito quando sono arrivato. Diciamo che sarò probabilmente l’unico giocatore al mondo ad aver giocato insieme a una leggenda come Bryant, e nella stessa società dove lui ha iniziato".

Che eredità lascerà Kobe al mondo del basket e non solo? "Il suo lascito è avere insegnato a tutti di essere i migliori in qualunque cosa si faccia. Che si sia giocatori di basket, insegnanti o meccanici".