Stefano Baldini compie 50 anni: "Corro e guardo avanti"

Il maratoneta olimpionico taglia il traguardo del mezzo secolo. "In casa non ho cimeli, dobbiamo mirare al futuro e non fermarci"

Stefano vincitore ad Atene nel 2004

Stefano vincitore ad Atene nel 2004

Reggio Emilia, 25 maggio 2021 - I polmoni da maratoneta non gli mancano, ma oggi dovrà davvero gonfiarli tutti per spegnere le sue cinquanta candeline. Stefano Baldini, campione olimpico di Atene 2004, compie oggi gli anni, un numero tondo tra passato e futuro. "E’ vero, mi tocca anche questa tassa. Mi dispiace solo per la velocità con la quale sono passati".

Festeggerà? "Il minimo, visto anche le restrizioni. Coi miei amici abbiamo rimandato la data, ne riparleremo dopo le ferie".

Le condizioni fisiche? "Penso di essere un buon 50enne, continuo ancora a correre per tenermi in esercizio".

Non certo i quasi 1000 chilometri al mese di vent’anni fa… "No, diciamo una cinquantina alla settimana, suddivisi in 3 o 4 uscite. Mi sono dato un piano di allenamenti costanti".

Le serve? "Sì, io oggi collaboro con tante aziende, comprese quelle che costruiscono scarpe. Cè questo nuovo carbonio da testare...E io lo testo".

E poi? "Spero decolli maggiormente quella con l’Apt Emilia, un po’ bloccata dal Covid, per fare vedere come è bella la nostra regione, dove, come, quando si può correre".

Non si limiterà a questo. "Sono allenatore della Corradini Excelsior Rubiera e di 5 atleti singoli di livello nazionale. Purtroppo nessuno andrà alle olimpiadi".

Non è così semplice, vero? Quando correva lei pareva tutto automatico. "No, assolutamente, dietro c’era un lavoro enorme e non solo mio".

Ma quella vittoria la sogna ancora? "Mai sognata, né prima, né dopo la gara. Anzi qualche giorno prima, Ottavio Andriani che correva con me, mi disse che mi aveva sognato al 3° posto. Io gli risposi che poteva tornare a dormire, perché il bronzo non mi bastava".

La medaglia le ha cambiato la vita? "Sì, ma non si vive di una medaglia olimpica. Io ho studiato, sono diventato allenatore, poi tecnico federale e commentatore per l’atletica di Sky. La medaglia va coltivata e penso d’averlo fatto".

Detto che non pensa ad Atene, oggi a cosa pensa? "Guardo avanti. A parte un paio di cose che ho appeso in ufficio, nel resto della casa non c’è niente della mia carriera. Quello è il vecchio, noi dobbiamo guardare al nuovo e io non mi sono mai fermato. Sono le pause della vita che fanno invecchiare precocemente".

Grande rapporto coi giovani . "Certamente, con quelli che alleno, coi figli, ma anche al di fuori. L’importante è non dire mai ‘quando facevo atletica io’. I giovani hanno bisogno del futuro, non del passato. Ho appena tenuto un incontro online con una scuola pugliese, su ‘campioni si nasce o si diventa?’"

E lei, modestamente, "lo nacque"? "Le doti ce le dà la natura, per diventare un campione ci vuole talento e applicazione costante".

Come vede il futuro dei suoi figli? "Ogni epoca ha le sue prerogative. Possono sfruttare le grandi innovazioni tecnologiche che però possono anche ritorcersi contro e quindi c’è bisogno di un grande equilibrio".

Equilibrio che dà la famiglia? "Certo, deve partire di lì, come partii io coi miei fratelli. In questo caso la provincia aiuta: ho visto tanti ragazzi di grandi città, ma la voglia, la carica, le motivazioni, i valori della provincia sono unici".

Come vede l’Italia alle olimpiadi? "Saranno un grande spettacolo, almeno a livello televisivo. Poi vedo bene la squadra, anche se nell’atletica non sarà semplice vincere medaglie".