{{IMG_SX}}Reggio Emilia, 11 febbraio 2008 - «Si, ho rischiato davvero di morire in quell’ospedale della Thailandia». Emilio Mattioli, 64 anni, artigiano, è rientrato ieri mattina dal Paese asiatico ed è stato immediatamente trasferito, con una ambulanza della Croce Verde, dall’aeroporto di Malpensa all’arcispedale Santa Maria Nuova. «Ero appena stato operato e quando le infermiere mi venivano a medicare, intorno al mio letto si radunavano bambini e famigliari dei pazienti curiosi di vedere la ferita,il sangue: era terribile, sembrava quasi che attendessero di vedere la mia fine. E il fatto è che in quell’ospedale la gente moriva per davvero. Due pazienti che erano stati sistemati al fianco del mio letto, sono morti entrambi. Io avevo un forte di mal di pancia, con dolori atroci che non passavano, la gente mi guardava come se stessi tirando gli ultimi respiri, insomma credevo di non riuscire ad uscire vivo da quella situazione».
Emilio Mattioli, invece, con l’aiuto della compagna thailandese, del personale dell’ambasciata italiana e dei famigliari che a Reggio si erano subito attivati, è riuscito a farsi trasferire in una clinica della capitale Bangkok. Ma lì i medici volevano il denaro per le cure: senza i soldi non lo avrebbero fatto partire. «Hanno voluto — rivela Mattioli — l’equivalente di 3 mila e 800 euro».

L’odissea in Thailandia è iniziata per colpa di un oggetto (lo si può vedere nella foto sopra) che Mattioli aveva ingerito in un cibo. «Io credo — dice — che è avvenuto tutti in Italia, a Reggio per la precisione. Ma non riesco ancora a capire quale sia il cibo che nascondeva questa cosa, che sembra un osso o addirittura un pezzettino di legno». La sorella Luciana nella giornata di oggi lo porterà in un laboratorio per capire cosa sia.
Quest’oggetto glielo hanno tirato fuori in Thailandia. «Se non ti operi muori nel termine di poche ore», mi dicevano all’ospedale. Io mi sentivo male, con grandi dolori allo stomaco e così mi sono fatto operare. Ma il dopo è stato altrettanto traumatico. «Per i medici io ero guarito, ma i dolori non cessavano e così ho dovuto rivolgermi a un ospedale più qualificato per vedere di risolvere la situazione». Nella capitale, Emilio Mattioli è stato ricoverato in una clinica privata, come avevano anche suggerito le nostre autorità dell’ambasciata. «Ma lì chiedevano soldi in continuazione: una cosa da non credere, anziché pensare alla mia salute mi dovevo preoccupare come potevo fare per reperire i denari per le cure. Avevo una carta di credito con importo limitato per evitare clonazioni e altro, sicché ho dovuto ricorrere ai familiari».
Adesso Emilio Mattioli sta meglio e soprattutto è tornato nella sua città, Reggio, dove vive e lavora come artigiano. «Ero andato in Thailandia per trascorrere alcuni giorni nel paese della compagna thailandese. La vacanza, invece, si è trasformata in una avventura. «Adesso sono contento di avere al mio fianco la sorella e i miei figli. Spero che tutti si aggiuti in pochissimo tempo».