Reggio Emilia, 22 luglio 2011 - DOMINIQUE Moretti sente montare la rabbia. Al dolore delle prime ore, dopo che un carabiniere le aveva dato la notizia terribile della morte violenta del fratello, subentra il dispiacere, forse il pentimento, per aver voluto aiutare quella ragazza. Averla ospitata in casa sua a Gazoldo, consentendole di uscire dal carcere e ritrovare la famiglia, seppure agli arresti domiciliari. Ora non la vuole più. Parla, Dominique, e le sue parole agghiacciano quando le si chiede della nipote, della sua reazione. «Com’è Ylenia? Indifferente. Eccco cos’è, indifferente. Mi ha spiegato la faccenda di ieri sera dai carabinieri con il sorriso sulla bocca. Così ho trovato l’Ylenia». La «faccenda» sarebbe l’interrogatorio in caserma a Guastalla da semplice testimone. E’ pentita, la sorella di Rodolfo Moretti, e dà la colpa alla nipote delle disgrazie capitate in famiglia. Quando le chiediamo come possa suo marito aver perso la testa, infatti, risponde: «No, è stata lei che gli ha lavato il cervello».
 

SONO LE OTTO di sera, Dominique ha passato una giornata di inferno. Rientra a casa dopo un colloquio con l’avvocato del marito, Giuseppe Ranieri Migale. «Domani va in carcere a trovare Matteo» spiega. Le chiediamo se dopo quello che è accaduto si senta ancora di difenderlo, il marito. Lei dice di sì, non l’abbandonerà. Lo difende, in qualche modo, anche se ha ucciso suo fratello. Anche se conferma a denti stretti di aver preso delle botte, nei giorni scorsi. «Sono cose che succedono in un matrimonio» dice soltanto, lasciando capire che non è stata una cosa grave, tipo «prendere il bastone e bastonare a sangue». La voce però la conferma, è vero «quello che la gente dice». Il motivo? «Solo una divergenza di opinioni».
 

UNA VITA DURA ma onesta, quella di Dominique Moretti e della sorella Monique. Hanno il nome francese perchè sono nate in Francia dove la famiglia era emigrata per lavorare, a Rodolfo invece i genitori avevano dato un nome italiano perchè lui era venuto alla luce in Italia. Una donna onesta e seria, tanto che la stessa procura e il giudice delle indagini preliminari avevano ritenuto opportuno, vista la disponibilità di Dominique, autorizzare gli arresti domiciliari di Ylenia a casa sua. Doveva essere un luogo protetto, la casa di Gazoldo degli Ippoliti, uno spazio vitale dove ricostruire una famiglia distrutta dalla vicenda dei due killer assoldati per uccidere Rodolfo. C’erano tutti i presupposti: lei, Dominique, si era presentata subito in tribunale, a fine marzo 2010, quando c’era stata l’udienza preliminare davanti al gip, la prima volta, e Ylenia era là a rispondere per la prima volta delle gravissime accuse mosse nei suoi confronti. Ma anche prima, in gennaio, c’era lei assieme al fratello a raccontare ai giornalisti l’aggressione notturna che Rodolfo aveva subito da Alex Granata davanti a casa, lei a mostrare la schiena del fratello ferita dopo il combattimento in cui Rodolfo era riuscito a mettere il giovane accoltellatore K.O. E lei di nuovo pronta a fare da filtro tra Rodolfo e Ylenia, con il padre quasi ogni giorno a casa sua a Gazoldo per parlare con la figlia.
 

ADESSO cos’è rimasto? Un fratello morto ammazzato, il marito in galera. E lei rimasta sola, con la sorella Monique a consolarla e che, diversamente da lei, non vuole parlare, «già che sto male, non voglio vedere i giornalisti». Con Roberta, la moglie di Rodolfo, invece, non ha parlato dopo il delitto. «Certo che voglio aiutare mio marito» dice sicura, generosa proprio come lo era stato il fratello Rodolfo con la figlia e la moglie. L’auto macina chilometri, «sono a Suzzara - dice Dominique - sto rientrando». E quando rientrerà troverà là, di nuovo, Ylenia. Non sa come reagirà, quando la rivedrà, ma di una cosa è certa: non la vuole più tenere, ha chiesto lei che venga portata altrove, «I carabinieri mi hanno detto che la porteranno a Modena, stasera o domattina», chissà, forse passerà un’ultima notte a casa sua, a dormire..
 

«YLENIA ha sempre odiato Rodolfo, fin da bambina» rivela con parole piene di sofferenza Dominique. Le parole di affetto verso il padfe che la ragazza scriveva sul diario, in cella? «Tutte balle» risponde amara. E se poche ore prime, sulla presunta simpatia di cui si vocifera tra il marito e la nipote Dominique diceva: «Non ci credo», adesso che monta la rabbia dice: «A questo punto non lo so».