Reggio Emilia, 15 ottobre 2011 - All'università a otto anni. Non è necessario essere bambini prodigio. Basta essere curiosi. Arriva a Reggio, per la prima volta, «Unijunior», un ciclo di lezioni che l’associazione culturale Fun Science e l’Università di Modena e Reggio rivolgono a chi è a cavallo tra elementari e medie e frequenta ancora aule qualsiasi, non «magne». Tutto vero: cattedratici e giovani allievi, che rigorosamente non possono essere affiancati in aula dai genitori.
In compenso, nessun esame e nessun indirizzo di studi: si può saltabeccare dalle scienze all’arte, si può — anzi, si deve — chiedere, dare fondo alla propria voglia di sapere. L’iscrizione, che costa venti euro (a copertura delle spese assicurative) dà diritto a seguire sei lezioni a scelta tra le sedi di Reggio (che ospiterà 5 incontri) e Modena. La campanella suona il 29 ottobre. Alla fine, a febbraio, un attestato di partecipazione. Per la laurea c’è molto tempo.

L'esperienza, avviata in Germania molti anni fa e già sperimentata a Bologna e Modena, viene salutata ovunque da una grande successo di partecipazione. A Reggio il tam tam ha già prodotto, con largo anticipo, una cinquantina di iscrizioni.
«I bimbi — dice Cinzia Marzocchi, presidente di Fun Science — devono divertirsi, dovrebbero scegliere in autonomia le lezioni. Devono sapere, in questa finestra sul mondo universitario, che l’ateneo si occupa di un’infinità di argomenti rispetto a quello studiati a scuola». Si può andare con Mowgli tra gli animali della giungla, o scoprire cosa c’è dietro un robot.
L’iniziativa guarda anche alle famiglie, cerca di avvicinare anche quelle più distanti dal mondo degli ermellini.
 

E i professori? «Molti si sono resi disponibili. La vivono come una sfida», osserva la Marzocchi. Davanti a una platea così giovane, non si può adottare il solito linguaggio erudito. Via i paroloni, via le conoscenze date per acquisite. Anche i professori — coadiuvati da uno staff che organizza esperimenti e scenette per tenere sempre alta l’attenzione — sono costretti a rimettersi in gioco, a ripensare alla didattica. «Abbiamo visto molte camicie sudate», sorride la Marzocchi. «Alle fine però, che soddisfazione...».