Reggio Emilia, 13 febbraio 2012 - Dopo due anni e 66 udienze si e’ concluso con la condanna in I grado a 16 anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici del magnate svizzero Stephan Schmidheiny e del barone belga Louis Carthier il processo Eternit. I due ex vertici della multinazionale dell’amianto, accusati di disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche, sono stati condannati per il disastro negli stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo mentre i giudici di Torino hanno dichiarato di non doversi procedere per quelli di Rubiera e Bagnoli perche’ i reati sono estinti.

Il pocesso Eternit e’ uno dei piu’ grandi procedimenti nel campo dei reati ambientali che si sia mai celebrato in Italia e nel mondo e riguarda le morti legate alla lavorazione del pericoloso materiale nelle quattro sedi italiane della Eternit a Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli).
I fatti contestati si riferiscono a un arco di diversi decenni a partire dal 1952.

Sono alcune migliaia i morti e i malati di di tumore individuati tra lavoratori e cittadini nell’inchiesta condotta dal procuratore Raffaele Guariniello, che ha definito il processo ‘’un punto di riferimento mondiale’’, come conferma oggi la presenza al Palazzo di giustizia di Torino di televisioni e giornalisti da tutto il mondo.
La macchina organizzativa e’ partita settimane fa: 1200 i posti assicurati in Tribunale, tra i 250 posti nell’aula, e i 950 in altre due aule video collegate, con traduzione simultanea in francese e inglese, la sistemazione nel vicino auditorium della Provincia di Torino di circa 300 studenti in arrivo da Casale Monferrato e Bologna, e la possibilita’ di ascoltare la sentenza in diretta streaming collegandosi al sito della Provincia.

Durante due anni e 66 udienze il pubblico ministero, Raffaele Guariniello, affiancato dai pm Gianfranco Colace e Sara Panelli, ha tentato di di dimostrare, attraverso testimonianze, documenti e consulenze, che la politica sulla sicurezza e sulla salute della Eternit apparteneva ad un’unica regia.

“Gli imputati non si sono limitati ad accettare il rischio che il disastro si verificasse e continuasse a verificarsi, ma lo hanno accettato e lo accettano ancora oggi” aveva detto Guariniello nella sua arringa finale chiedendo una condanna a 20 anni di reclusione per entrambe gli imputati per quella che aveva definito “Una tragedia immane” che ‘’ha colpito popolazioni di lavoratori e di cittadini che continua a fare morti e si e’ consumata in Italia e in altre parti del mondo con una regia senza che mai nessun tribunale abbia chiamato i veri responsabili a risponderne”.

’Si addebita a Eternit - aveva aggiunto - di aver causato un disastro nei suoi stabilimenti e per la popolazione, che ancora oggi continua a verificarsi giorno dopo giorno per consapevole volonta’ dei suoi proprietari’’. I legali dei due imputati avevano chiesto per entrambi l’assoluzione per non aver commesso il fatto: secondo le difese De Cartier, dal 1971, aveva ricoperto solo ‘’un ruolo minoritario senza compiti operativi’’ mentre Schmidheiny avrebbe provveduto a fare diversi investimenti per la sicurezza dei lavoratori, in base alle conoscenze dell’epoca sull’amianto. L’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei legali di Schmidheiny, aveva messo in dubbio la validita’ stessa di un processo celebrato a piu’ di trent’anni di distanza dai fatti contestati che lederebbe il principio di difesa perche’ il tempo trascorso “rende quasi impossibile - aveva detto - a chi e’ accusato difendersi al meglio: i documenti non si trovano, molti testimoni non ci sono piu’ e quelli che ci sono non sono attendibili perche’ i fatti sono troppo lontani da ricordare”.

Questione controversa a se’, quella dei risarcimenti, con una polemica che ha portato il Comune di Casale Monferrato dopo un tira e molla durato un mese e mezzo, a rifiutare l’offerta di oltre 18 milioni di euro presentata dall’imputato svizzero Stephan Schmidheiny, a titolo di transazione, che avrebbe comportato il ritiro della costituzione di parte civile del Comune. Il presidente della Corte ha oggi stabilito che all’amministrazione di Casale spetta un risarcimento di 25 mln di euro.