Reggio, 9 novembre 2012 - BASTA noia: c’è Facebook in classe. Nella terza B della scuola secondaria di primo grado Leonardo da Vinci di via Monte San Michele non ci sono computer (tranne gli smartphone dei ragazzi e qualche tablet personale), è presente una lavagna interattiva multimediale (pagata dai genitori della classe con un contributo volontario di circa 100 euro a bambino); la connessione a internet è lentissima (nonostante le ripetute rimostranze all’ente locale) ma si fa lezione usando smartphone, Ipad connessi e, soprattutto, la piattaforma di Facebook.
«Non servono strumenti eccezionali — dice Alberto Vellani, insegnante 46enne di lettere — ma una connessione internet. Meglio se fosse veloce».
 

Com’è iniziata questa avventura?
«Tutto è partito da una telefonata allarmata di un genitore “Prof, mia figlia ha un profilo su Facebook”. Mi incuriosisco e vengo a sapere che tutti gli alunni sono su Facebook.
Allora ho cercato di utilizzare, in chiave educativa, ogni possibile scenario».
Facendo cosa?
«Il giorno dopo avevamo la pagina ufficiale della nostra classe, le prime immagini postate sugli argomenti fatti a scuola, i primi commenti, i miei primi ‘compiti’ e un entusiasmo alle stelle».
I genitori come hanno reagito?
«Molto bene; alcuni genitori hanno cominciato a pubblicare proposte di ricerca e argomenti di studio e, visto che siamo in una classe terza, alcuni argomenti utili per aiutare i ragazzi nella scelta della scuola superiore».
E i ragazzi? Cosa è cambiato?
«Prima dovevo ‘implorare’ un compito, adesso ho ‘proposte’ di lavoro. Giovanni e Nicolò si sono già armati di videocamere da piazzare in viso ai nonni e bisnonni. I telefonini, prima nascosti sotto i vestiti e consultati in ogni fraudolento modo per “non farsi beccare dai prof”, rivedono la luce. Mattia confessa di ascoltarmi con il suo iPhone in autobus mentre viene al mattino a scuola. Noiosissime spiegazioni di regole grammaticali vanno a ruba: “Ma tu ce l’hai quella del congiuntivo trapassato?” si dicono tra loro».
E con i colleghi?
«Anche per loro è stata una sorpresa improvvisa.
Subito c’è stata perplessità, ma poi l’entusiasmo dei ragazzi ha avuto il sopravvento e oggi alcuni di loro partecipano attivamente alla proposta».

Monica Rossi