Reggio Emilia, 6 ottobre 2013 - “Rolando Rivi fu ucciso nel 1945, quando aveva 14 anni, in odio alla sua fede, colpevole solo di indossare la veste talare in quel periodo di violenza scatenata contro il clero, che alzava la voce a condannare in nome di Dio gli eccidi dell’immediato dopoguerra”. Lo ha affermato Papa Francesco, dopo la preghiera dell’Angelus, ricordando che ieri è stato proclamato beato “un seminarista di quella terra, l’Emilia”. “Quanti giovani di 14 anni oggi - ha detto ancora - hanno davanti agli occhi questo esempio, un giovane coraggioso che sapeva dove voleva andare”. “La fede in Gesù - ha concluso - vince lo spirito del mondo! Rendiamo grazie a Dio per questo giovane martire, eroico testimone del Vangelo”.
 

Vittima dell’odio anticattolico che nel 1945 si era infiltrato nella guerra di Liberazione, Rolando Rivi era dunque poco più di un bambino. Lo giustiziarono perchè portava la veste talare, il simbolo della sua appartenenza a Gesù”. “Studio da prete e la tonaca è il segno che io sono di Gesù”. Nell’aprile 1945 questa convinzione costò la vita al ragazzo, che era stato rimandato a casa l’anno prima perchè i tedeschi avevano occupato il seminario di Marola. “Rolando, non portarla ora. E' più sicuro se vai in giro per il paese con gli abiti civili”, gli consigliavano i genitori preoccupati per le continue scorribande di tedeschi, fascisti e partigiani nelle loro campagne. Ma il ragazzo non li ascoltò, e un gruppo di assassini che si erano annidati tra i partigiani gli fece pagare con la vita quella testimonianza coraggiosa. “Domani avremo un prete di meno”, disse il commissario politico della formazione partigiana garibaldina, secondo quanto riportato dai testimoni nel processo di canonizzazione avviato solo nel 2006.

 

Dopo quasi 70 anni di oblio dettati da una lettura politicamente corretta della Resistenza, la sua vicenda torna alla ribalta con la beatificazione che ha avuto luogo ieri a Modena, dopo che con un giudizio unanime e in tempi rapidi, i membri della Congregazione delle Cause dei Santi hanno riconosciuto il martirio di questo adolescente che come i circa centotrenta sacerdoti uccisi in odio alla fede cattolica nelle stesse circostanze, fu giustiziato alla fine solo e soltanto perchè la talare che indossava lo faceva considerare un nemico.

 

La Congregazione ha approvato anche un miracolo attribuito a Rolando Rivi: riguarda un bambino inglese guarito dal cancro attraverso una grazia richiesta al “seminarista-martire”. Sotto il cuscino del piccolo malato un amico aveva posto una ciocca di capelli di Rolando, intriso del suo sangue. Nato il 7 gennaio 1931 a San Valentino di Castellarano, Rolando è stato il primo allievo di un seminario minore diocesano a essere proclamato beato perchè martire, caduto di un periodo storico tra i più controversi, quello guerra civile e della Resistenza. 

 

“Era un bambino appassionato alla vita, ai giochi, alle avventure. Come tutti, anche lui desiderava degli amici. E ne aveva tanti. Ma a un certo punto, attraverso il suo parroco, ha scoperto l’esistenza di un Amico più grande, che gli voleva bene più di chiunque altro: Gesù”, ha ricordato monsignor Massimo Camisasca, vescovo della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, che ha presentato ai ragazzi la figura del giovane seminarista insieme a quella del suo parroco di allora, don Olimpo Mazzucchi, grande educatore e profondamente coinvolto nelle vicende e nel destino della sua gente. Rolando si era proposto di seguire il suo esempio, disposto a pagare lo stesso prezzo: vestendo sempre l’abito talare, come segno della sua appartenenza a Gesù, sapeva che correva un pericolo, ma non si tirò indietro. Pochi mesi prima, infatti, anche don Olimpo era stato brutalmente picchiato per le stesse ragioni.
 

 

Il 10 aprile 1945, Rolando giorno non tornò a casa. E quando, non vedendolo arrivare, i genitori andarono a cercarlo, trovarono a terra i libri e un biglietto: “Non cercatelo, viene un momento con noi partigiani”. Quattro giorni dopo un partigiano che aveva assistito alle ultime ore di vita del ragazzo, tentando di opporsi alla sua fine confessò che cosa era accaduto: Rolando era stato sequestrato, torturato e ucciso a Piana di Monchio, sull’Appennino modenese. Era stato assassinato il 13 aprile 1945, fu ritrovato il giorno dopo da suo padre, su indicazione del carnefice pentito, e da quel momento divenne il simbolo dell’amore per Dio. Papà Roberto disse soltanto: “Perdono”. Era straziato, ma con la sua fede grandissima riprese a vivere infondendo coraggio ai suoi e illuminando il dolore con la preghiera incessante, sentendosi quasi chiamato a compiere il bene al posto di Rolando. Sono trascorsi quasi settant’anni da allora ma sulla tomba di Rolando, all’interno dell’antica Pieve di San Valentino, a Castellarano, in diocesi di Reggio Emilia, decine di persone sostano quotidianamente in preghiera ancora oggi per domandargli una grazia.

Fonte Agi