Reggio Emilia, 1 febbraio 2014 - LA MESSA all’ospedale, una parola di conforto e una preghiera tra i letti dei malati non sono gratis: anche la cura dello spirito ha un costo per le tasche pubbliche, che a Reggio ammonta complessivamente a 380mila euro lordi. Tanto, infatti, hanno speso Ausl e ospedale Santa Maria Nuova nel 2013 per stipendiare i tredici assistenti religiosi attivi nelle strutture sanitarie reggiane. Quello che fanno è equiparato a un vero e proprio mestiere: ogni mese, infatti, queste figure - sacerdoti, frati, suore e qualche diacono - percepiscono uno stipendio di circa 1.300-1.400 euro netti. La loro attività è regolamentata da una legge regionale (la 12 del 10 aprile 1989) che prevede sia ogni Ausl a siglare un’intesa con le rispettive diocesi, di durata annuale rinnovabile, o altre congregazioni religiose.

Tutto a posto, dunque: se non fosse che, in tempi di crisi, qualcuno ha chiesto di rendicontare queste spese. Negli ultimi quattro anni, nella nostra regione, le Ausl hanno versato quasi nove milioni per il conforto religioso in corsia. Una cifra che ha fatto inferocire il consigliere regionale Franco Grillini (gruppo Misto): «È uno spreco intollerabile: l’assistenza religiosa dovrebbe essere fatta su base volontaria».
Ma come funziona a Reggio? Il Santa Maria stipendia quattro persone: tre frati e un diacono. Dall’ospedale fanno sapere che nel 2013 il costo aziendale lordo per i loro emolumenti ammonta a 141.875 euro. Il loro rapporto è stabilito da una convenzione con la Curia risalente al 1989. L’Ausl devolve invece 240mila euro lordi in tutto comprensivi dei contributi a nove persone tra sacerdoti, suore e anche qualche diacono, attivi negli ospedali di Guastalla, Montecchio, Castelnovo Monti, Scandiano, Correggio e Villa Verde.

«Gli assistenti religiosi — commenta Eva Chiericati, direttore amministrativo dell’Ausl reggiana — hanno i compiti di un sacerdote che svolgono con un orario prestabilito. Ma sono anche a disposizione durante la notte per le chiamate urgenti senza ulteriore compenso».
Giorgio Salsi, presidente dell’associazione Iniziativa laica, plaude a Grillini e attacca: «L’assistenza religiosa può funzionare come volontariato. Qualcuno teme che vogliamo affamare i preti, ma questa non è certo l’unica e più importante forma di sostentamento del clero».

Padre Paolo Poli, 77 anni, è cappellano del Santa Maria da quindici: «Ogni mattina celebriamo quattro-cinque funerali, mentre al pomeriggio salutiamo tutti i malati, oltre a organizzare l’adorazione perpetua nella cappella», spiega il frate cappuccino. Ma in tempi di crisi non sarebbe meglio sollevare le casse pubbliche da queste spese o magari affidare quest’incarico anche a laici? «Noi in realtà non facciamo proselitismo religioso — risponde — ma diamo aiuto spirituale ai sofferenti e ai loro familiari».

 Alessandra Codeluppi