{{IMG_SX}}Riccione, 18 novembre 2008 - "Mi sono reso conto di avere un problema". Imbarazzo, pentimento e la promessa di farsi curare, non hanno evitato a Filippo Forti una condanna a due anni di carcere, senza il beneficio della pena sospesa. Una pena severa, seppur mitigata dalla concessione degli arresti domiciliari, quella inflitta ieri mattina dal giudice al consigliere comunale del Pd di Riccione, ammanettato dai carabinieri per spaccio di cocaina. Un arresto a cui, come un effetto a catena, sono seguiti prima quello di Filippo Lombardo, figlio del consigliere Pd di Rimini, e poi, l’altra sera, quella di un bancario di Misano, Roberto Benelli, entrambi tirati in ballo da Forti.

 


Nel corso del processo, il politico ha parlato di sè, del suo impegno nel sociale, di come a 18 anni andò in soccorso degli alluvionati. Distante anni luce da una persona diventata dipendente dalla cocaina al punto da consumarne dagli otto ai dieci grammi a settimana. Devastante, oltre che costoso. Consumatore sì, ma spacciare proprio no. Su questo, Forti è stato categorico. Il suo difensore, Mirko Damasco, parla di "toni accesi, eccesivi e preconcetti" nei confronti del suo cliente, insistendo sulla "totale ed inequivocabile estraneità alle accuse di spaccio".

 

"Non può certo nascondersi il problema venuto alla luce — continua l’avvocato — ossia la sua dipendenza da stupefacenti, cosa da considerare in maniera seria e da affrontare attraverso un programma di recupero. Anche la sentenza, seppur severa, va letta in tal senso, permettere a Forti di curarsi. Nessuna ammissione di responsabilità, quindi, seppur si sia patteggiato. La scelta processuale è stata obbligata e inevitabilmente dettata dall’esigenza di chiudere una vicenda che ha avuto già troppo risalto e risonanza mediatica".

 

Da Forti, gli investigatori sono arrivati prima a Lombardo e poi a Benelli. Il primo, 34 anni, domiciliato a Riccione e titolare di ‘In Photo’. Fa il fotografo, appunto, nei locali della riviera, e quando i carabinieri l’hanno fermato aveva 4,2 grammi di cocaina e oltre mille euro, secondo loro provento di spaccio. Il giovane ha negato ieri di essere uno spacciatore, anche se non era la prima volta che lo pizzicavano. Anche lui la consuma, ha detto, ma non la vende. Il suo difensore, Mauro Capobianco, ha chiesto i termini a difesa, preferendo andare all’udienza del 12 dicembre. Nel frattempo, Lombardo starà ai domiciliari da suo padre, che ha accettato di accoglierlo.

 


E’ andata invece decisamente meglio a Roberto Benelli, un bancario misanese di 30 anni, arrestato con quasi 9 grammi di hashish. Anche lui, come Lombardo, era stato indicato come uno degli spacciatori del giro riccionese. Ma anche lui, difeso da Catia Gerboni, ha giurato che quella roba era solo per uso personale. E’ uscito dal processo libero, con una condanna a un anno e otto mesi, pena sospesa.