Ricchiuti, l’ora dell’addio del capitano. "Qui ho vissuto un sogno"

A 39 anni il capitano del Rimini lascia il calcio

Il gol a Buffon, la stretta di mano a Del Piero, la mitica maglia numero dieci nell’armadietto dello spogliatoio, l’abbraccio con il presidente Bellavista e i festeggiamenti per il grande salto in C1

Il gol a Buffon, la stretta di mano a Del Piero, la mitica maglia numero dieci nell’armadietto dello spogliatoio, l’abbraccio con il presidente Bellavista e i festeggiamenti per il grande salto in C1

Rimini, 13 maggio 2017 - "Ma siamo proprio sicuri che devo smettere?». Adrian Ricchiuti prova a giocarsela con una battuta che nasconde un pizzico di tristezza. Quando arriva il momento di appendere le scarpe al chiodo sono sempre dolori, per tutti.

Capitano, quel giorno è arrivato?

«E’ stata una bella storia la mia. E tutte le belle storie prima o poi finiscono. Non vuoi mai che arrivi quel momento, io nella mia vita ho sempre fatto solo questo: giocare a pallone».

Nel 2000 l’arrivo a Rimini da ragazzino, oggi l’addio al calcio a 39 anni. Un lungo cammino.

«A Catania con la serie A ho raggiunto l’apice della mia carriera, ma la mia vita calcistica è stata a Rimini. Quando sono arrivato è stato tutto difficile, poi si è trasformato tutto in un sogno. Le due promozioni, la Juve...».

Il gol a Buffon?

«Quanta adrenalina, quanta gente sugli spalti, che soddisfazione. Davanti a noi avevamo tre campioni del mondo, tante stelle e noi ci sentivamo piccoli piccoli. Ma alla fine abbiamo fatto la voce grossa. Un gol speciale che non dimenticherò mai, ma anche tutti gli altri li ricordo bene. Vuoi dimenticare quelli fatti nei derby con il Cesena? Ma quella con la Juve è stata la partita della città. Spero che un giorno il Rimini contro la Vecchia Signora ci possa giocare in serie A».

Anni magici condivisi con persone speciali?

«Il presidente Bellavista, mister Acori, i compagni: siamo sempre stati una cosa sola. Ma non voglio dimenticare tutte quelle persone che hanno lavorato dietro le quinte. Penso alla Isa e Franco i mitici magazzinieri, a ‘Grillo’, Mal. Quanti ricordi speciali».

Con i tifosi non sempre è stato amore, giusto?

«Penso che in una famiglia ci sia per forza anche qualche litigio. Se va tutto bene c’è qualcosa che non quadra. E con i tifosi è stato così. Il bello è che il rapporto, nel bene e nel male, è sempre stato sincero e franco».

Dagli anni d’oro agli anni della rinascita con il ritorno in biancorosso ormai a fine carriera. Sensazioni diverse?

«Quando sono rientrato alla base, perché Rimini è sempre stata la mia città al di là del calcio, ci sono tornato diverso, più grande e più maturo. Quindi sono cambiati anche i rapporti umani. Con gli anni sono migliorato, prima ero più ribelle...».

Fino ai giorni nostri. Record su record e un altro campionato vinto. Quindi stesse emozioni?

«Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Si è creato un gruppo fantastico composto da persone meravigliose. Siamo sempre stati capaci di scendere in campo con il sorriso, come piace a me. Il calcio è divertimento».

E il futuro?

«Dovrò iniziare a pensarci... Sempre vicino a un campo da gioco. Lontano dal calcio proprio non ci so stare».