Pacchetto profughi

Rimini, 6 novembre 2016 - «Questo non è un hotel per turisti». E’ la frase buttata là da un signore che ha deciso di rilevare all’asta un albergo, dargli una sistemata e aspettare sulla porta l’arrivo dei profughi.  Succede a Miramare, zona di frontiera, hotel e case a poco prezzo, far west di immigrati. E’ lì, nell’estrema periferia della capitale turistica, che nasce il pacchetto-migranti: dall’Africa a Rimini, vitto e alloggio, 35 euro a carico dello Stato. Un’occasione d’oro per alberghi terminali e pensioncine condannate a morte. Camere occupate tutto l’anno, soldi sicuri, clientela poco esigente. Di solito i turisti veri pagano meno e si lamentano di più.

E’ la nuova frontiera dell’accoglienza, la via d’uscita offerta ai rottamatori di stelle. Perché dannarsi l’anima per un pugno di euro, colazione pranzo, cena e concertino alla sera, quando con venti profughi incassi il doppio e ogni piatto del menù è grasso che cola? Chi punta sulla famigliola in ferie sull’Adriatico inizia a pensarci sul serio. O ad avere paura. Dell’uomo nero, del turista in fuga, di diventare un ghetto. Troppo facile liquidarlo come razzismo, quando i sindaci per primi giocano allo scaricabarile con la vita di centinaia di disperati sballottati come pacchi postali da un Comune all’altro. Da un hotel a un dormitorio per migranti. Vitto, alloggio, nessun domani.