Rimini, 20 gennaio 2012 - IL SUO ‘sbaglio’ è stato chiedere gentilmente a due donne di origine rom, con bimbe al seguito, di fare più piano tra gli scaffali.  La commessa del negozio Yamamay di corso d’Augusto, una 26enne di origine calabrese residente a Rimini da anni, si è sentita rispondere ‘E te che c... vuoi!?’

 

Ha replicato di averle riconosciute quali autrici di un furto subìto tre settimane prima, nello stesso negozio. La nomade le ha predetto la morte di tutti i suoi famigliari. All’invito ad uscire, la rom ha afferrato la testa della commessa sbattendogliela più volte contro il muro, e l’ha presa per i capelli colpendola con ripetuti calci sulla pancia, alternati a botte sulla testa. Poi la fuga, mentre le due clienti presenti sono uscite tranquillamente senza aiutarla nè chiamare in aiuto qualcuno dall’esterno.
La prognosi in ospedale per la giovane è stato trauma cervicale e trauma cranico, sette giorni salvo complicazioni.

 

«Ma la cosa peggiore è la paura, è a casa con i nervi scossi, ha timore di rientrare — racconta Silvia Vagni, responsabile di zona di Yamamay —. Anche io sono letteralmente sconvolta dall’accaduto. Una violenza priva di senso che mi fa anche paura per la sicurezza di tutti i negozi del centro storico. Venire aggrediti nel pieno pomeriggio è una cosa vergognosa».

 

La giovane aggredita ha sporto denuncia (in questi giorni più volte poliziotti in borghese hanno fatto capolino in zona) e fornito l’identikit delle rom. «Intanto sono ancora libere e chissà dove — prosegue la Vagni —. Chiediamo maggiore tutela da parte delle forze dell’ordine in centro storico per evitare si ripetano fatti del genere. Analogo appello rivolgo anche ai colleghi commercianti ed esercenti qui intorno».

 

Al tabaccaio vicino la responsabile e le altre commesse hanno già chiesto ‘protezione’, nel malaugurato caso le nomadi dovessere ripresentarsi. «Ho anche tolto dai cassetti un paio di forbici e un taglierino che prima tenevamo qui per uso lavorativo. Non si sa mai. Abbiamo poi ridotto l’orario di chiusura serale, portandolo dalle 20 alle 19,30 in modo di terminare con il grosso degli altri esercizi e non restare sole col buio». «Anche noi siamo spaventate — fanno eco le altre dipendenti, che rifiutano di farsi fotografare —. Specialmente nei turni in cui una di noi resta da sola».