Riccione (Rimini), 14 gennaio 2014 - Stipendi non pagati, giocatori sfrattati dal residence e dallo stadio, l’allenatore che se ne va e tanto altro ancora. Una vera e propria agonia. Il Riccione è allo sbando, ma questa non è storia di oggi. Tanto che la società della Perla Verde questa volta sembra davvero essere arrivata al capolinea.

Domenica scorsa, per la seconda volta in questa stagione, i biancazzurri non si sono presentati sul campo dirigendosi in pratica verso l’estromissione dal campionato di serie D come recita il regolamento federale (tre rinunce sarebbero l’anticamera della radiazione e domenica prossima c’è una trasferta, in Toscana con la Fortis Juventus...). A far saltare il match con la Thermal Abano, dopo quello già non disputato qualche giorno prima di Natale in casa del Camaiore, è stata la mancanza di un campo sul quale giocare. I cancelli dello stadio ‘Nicoletti’ sono chiusi ormai da settimane. E anche qui si parla di euro. Esattamente di quelli non dati ai gestori dell’impianto per allenamenti e gare domenicali.

«Questa società — spiega il sindaco di Riccione Massimo Pironi — ha dimostrato tutta la propria inaffidabilità. E quello che più mi fa rabbia è che su quelle maglie c’è il nome di Riccione. Nel calcio girano personaggi che non fanno il bene del movimento e con i quali la nostra amministrazione non vuole avere nulla a che fare — il primo cittadino prende le distanze —. Ci auguriamo che la Lega intervenga perché così non è possibile andare avanti».

Le disavventure del calcio riccionese non sono una novità. Basta ritornare con la mente all’estate del 2010 quando il titolo sportivo della Perla Verde fu trapiantato a Rimini per creare il Real Rimini. Al timone del club riccionese torna la famiglia Batani, che gestisce il club per poco più di una stagione. Poi si ritorna a parlare di guai. Tanto che nella prima giornata del campionato 2012-13 a Ponte a Egola in Toscana si presentano due squadre ed entrambe vantavano il diritto di chiamarsi Riccione.

Una vicenda che ha fatto il giro d’Italia in poche ore, ma che ha rappresentato ancora una volta soltanto l’inizio della fine. Da lì in poi ancora gestioni poco chiare, giocatori che presentano sul tavolo del club le vertenze per gli stipendi non ricevuti e albergatori che non sono più disposti a lavorare senza mettere in tasca un euro. Nei primi giorni di dicembre, e qui torniamo alla storia di oggi, l’allenatore Arturo Di Napoli se ne va e con lui praticamente tutti i giocatori. Al timone, dopo l’addio dell’amministratore delegato precedente Giovanni Spinelli, torna Paolo Croatti che, comunque, tra una trattativa di cessione e l’altra, non riesce a mettere in piedi una squadra degna di questo nome. «Preferiamo ricominciare da zero — non ci gira attorno il sindaco Pironi — pur di ricominciare a respirare un’altra aria». Alla prossima puntata.

Donatella Filippi