Accoltellò 5 persone: niente carcere "Faremo causa per i risarcimenti"

Somane Duula passerà 8 anni in una struttura psichiatrica. La battaglia delle vittime per avere i danni

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Niente carcere per lui. Era accusato di tre tentati omicidi e lesioni gravi. Ma Somane Duula, il giovane profugo somalo che seminò il terrore durante l’11 settembre 2021, accoltellando prima le due controllore del bus che l’avevano fermato a Miramare, e poi - durante la folle fuga - altre due donne e il piccolo Tamim, un bambino bengalese di appena 6 anni, è stato dichiarato "incapace di intendere e volere" all’epoca dei fatti. Ieri il giudice Raffaella Ceccarelli, in base alle perizie psichiatriche, ha deciso che il 27enne "non è imputabile" a causa dei suoi problemi mentali e l’ha assolto. Ma Duula (difeso dall’avvocato Maria Rivieccio) rimane "un individuo socialmente pericoloso" e che "può fare ancora del male". Pertanto il giudice ha disposto che passi almeno 8 anni in una struttura psichiatrica per criminali malati di mente. Attualmente si trova in una struttura a Reggio Emilia. Al termine del periodo si faranno altri accertamenti e si deciderà sul destino del somalo, che ieri era in aula e ha dato in escandescenza quando gli hanno tradotto la sentenza.

Anche la seconda perizia, a cura del professor Riccardo Sabbatelli, ha confermato quanto era emerso nella prima a cura di Renato Ariatti, il perito nominato dal pm Davide Ercolani. Somane soffre di disturbo schizofrenico paranoide, ha "deliri persecutori, allucinazioni uditive e visive, pensieri disorganizzati". Lui continua a sentire voci, a vedere cose che non esistono. Disturbicausati anche dai traumi subito quand’era in uno dei campi profughi in Libia, dov’è stato torturato e avrebbe assistito a violenze e omicidi.

Chiuso il processo ora si apre la battaglia per i risarcimenti. Esiste in Italia un fondo per le vittime di reati intenzionali di violenza, qualora i condannati non abbiano modo di risarcire i danni. Nel caso di Tamim e di due delle donne ferite da Somane (tra cui una delle due controllore) è previsto un indennizzo massimo di 60mila euro. "Il problema – osserva Maurizio Ghinelli, il legale della famiglia di Tamim – è che in questo caso non c’è stata condanna, a causa della riconosciuta incapacità di intendere e volere dell’autore del reato". Ghinelli e gli avvocati delle altre vittime, a questo punto, hanno davanti due strade: "O facciamo comunque la richiesta di indennizzo allo Stato, oppure in base all’articolo 2047 del codice civile, chiediamo i danni ai soggetti che erano tenuti alla vigilanza di Somane". Gli avvocati potrebbero quindi avanzare la richiesta di risarcimento a Croce rossa, che gestiva la struttura per i profughi a Riccione in cui Somane era ospitato. "Quando avremo le motivazioni della sentenza – dice Ghinelli – decideremo il da farsi. Ma la famiglia di Tamim non si vuole arrendere. Siamo pronti alla causa civile"

Manuel Spadazzi