
Un 55enne a processo dopo l’indagine della guardia di finanza. Lui si difende: "Quel documento è falso"
È accusato di aver evaso 2 milioni di euro di tasse. Soldi che, secondo l’accusa, avrebbe dovuto pagare per l’ingente somma che possiede sul conto corrente di una banca svizzera. Ma lui quei soldi sostiene di non averli mai avuti. Quel documento che l’ha incastrato, assicura, è un falso. "Si tratta di uno scherzo che mi ha fatto un amico, perché mi lamentavo spesso con lui di non avere abbastanza soldi…", è la tesi dell’uomo, un 55enne sammarinese residente a Rimini, finito alla sbarra. Mercoledì c’è stata l’ultima udienza. L’uomo, che è difeso dall’avvocato Paolo Ghiselli (nella foto), sperava di riuscire finalmente a chiarire tutto e mettere fine alla vicenda. Invece la sentenza arriverà non prima del 5 novembre, quando ci sarà una nuova udienza.
Il caso scoppia nel 2016, quando la guardia di finanza compie una perquisizione nella casa dove l’uomo abita con la compagna e i figli, a Rimini. Le fiamme gialle sono arrivate a lui nell’ambito di un’indagine su un presunto trasferimento illecito all’estero di soldi e carburanti. Durante la perquisizione trovano nel suo telefonino un file con un documento. È la comunicazione del saldo di un conto su una banca svizzera. La cifra è a parecchi zeri. Da quel ritrovamento scatta l’indagine della guardia di finanza nei confronti dell’uomo (incensurato), che finisce sott’inchiesta per evasione. Lui si difende sostenendo che c’è stato un malinteso, perché quel documento è un falso: uno scherzo fattogli da un amico. Ma la Procura va avanti. Contro il 55enne scatta il sequestro preventivo di un’auto, di una cassetta di sicurezza e di altri bene. L’uomo viene rinviato a giudizio e inizia così il processo. La difesa sostiene che si tratta di un grande equivoco e invoca una rogatoria internazionale per poter dimostrare che quel conto milionario in Svizzera non esiste. Ma la rogatoria non è mai stata chiesta. E la richiesta di dissequestro dei beni è stata respinta dal giudice.
"Quella che sta subendo il mio cliente è una vera e propria odissea – dice l’avvocato Ghiselli – Eppure basterebbe una rogatoria per accertare che quel documento è un falso. In aula abbiamo portato una serie di esempi di documenti similari, per dimostrare quanto sia semplice produrre finte comunicazioni bancarie che sembrano vere".