REDAZIONE RIMINI

Addio ad Arnaldo Pomodoro. Dalla Prua di Fellini al Colpo d’ala. La Romagna come visione

Scomparso alla vigilia dei suoi 99 anni, il grande scultore lascia un’eredità immensa. Era nato a Morciano. Le sue opere riminesi raccontano un legame mai spezzato con le radici. .

Scomparso alla vigilia dei suoi 99 anni, il grande scultore lascia un’eredità immensa. Era nato a Morciano. Le sue opere riminesi raccontano un legame mai spezzato con le radici. .

Scomparso alla vigilia dei suoi 99 anni, il grande scultore lascia un’eredità immensa. Era nato a Morciano. Le sue opere riminesi raccontano un legame mai spezzato con le radici. .

"Ho cominciato da bambino, sulle rive del Conca. Gli altri facevano animali, io toglievo, scavavo, cercavo il cuore delle cose. Era la Romagna, era Morciano, era la mia terra". Arnaldo Pomodoro se n’è andato l’altra sera alla vigilia dei 99 anni. Nella sua casa di Milano si è spento uno dei più grandi scultori del Novecento, ma il suo spirito continua a vivere tra le pieghe del bronzo, tra le crepe delle sue sfere e nelle radici di quella Romagna che lo ha visto nascere e crescere.

Nato a Morciano il 23 giugno 1926, Pomodoro è stato un gigante internazionale dell’arte, ma non ha mai smesso di dialogare con il fango delle sue origini. "Sulla spiaggia di Rimini o di Fano potevo costruire castelli di sabbia. Ma con le mani nell’argilla del Conca ho capito che la terra parlava – diceva – e che dovevo ascoltarla". Lì, tra le sponde fangose, cominciò a modellare la materia, non per imitarla ma per sfidarla, per rivelarne il mistero. La sua era una famiglia piccolo-borghese ma piena di talento e dignità. Il padre, Ettore, era un impiegato del Comune, ma anche un uomo curioso, appassionato di poesia e scienza; la madre, Teresa, era figlia di artigiani e sapeva trasformare il fare quotidiano in arte. Il nonno era un calzolaio stimato in paese, mentre lo zio era scultore. Era un ambiente modesto ma colmo di sensibilità creativa. Non è un caso che due dei figli, Arnaldo e il fratello minore Giò (1930–2002), abbiano entrambi lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte.

A Rimini, Arnaldo ha lasciato uno dei suoi segni più profondi: la “Grande Prua” dedicata a Federico Fellini, opera del 1995 che campeggia all’ingresso del cimitero monumentale. Un blocco bronzeo proteso come una nave nell’invisibile, un omaggio a un altro grande visionario riminese. E poi nella piazza dedicata a Umberto Boccioni, il “Colpo d’Ala” a Morciano, restaurato nel 2020, scultura che vibra come un battito sospeso tra materia e sogno, tra luce e struttura.

La Romagna, in fondo, è stata sempre dentro le sue opere: "Questa terra è concreta, aspra, piena di nebbia e pioggia. Ma è anche generosa, libera. Mi ha dato il coraggio di cercare l’invisibile", raccontava in una delle sue ultime interviste. Per lui, ogni scultura era una dichiarazione: che la bellezza sta nelle ferite, che la verità è nascosta sotto la superficie liscia della realtà.

Messaggi di cordoglio sono arrivati da ogni parte del mondo, dal presidente della repubblica Sergio Mattarella alla premier Giorgia Meloni, dal presidente della Regione, Michele de Pascale, fino ai sindaci di Rimini e Morciano, Jamil Sadegholvaad e Giorgio Ciotti. La Fondazione Arnaldo Pomodoro, diretta da Carlotta Montebello, ha ricordato la sua "voce lucida e visionaria", capace di plasmare "il bronzo come fosse carne, la scultura come fosse memoria".

Pomodoro non ha mai dimenticato la sua terra. Parlava di Morciano con affetto, quasi con gratitudine. "Se ho fatto tutto questo, è perché c’è un bambino che sulle rive del Conca ha imparato a togliere, invece che aggiungere. A scavare dentro". Pomodoro scolpiva il bronzo come fosse carne, come fosse tempo. Le sue Sfere, celebri in tutto il mondo – dai Musei Vaticani a New York, da Dublino a Los Angeles – sono simboli di perfezione ferita.

Per i giovani, il suo esempio è ancora vivido. In un’epoca che corre sull’apparenza, lui ha insegnato l’importanza della profondità. Dove altri vedevano una sfera perfetta, lui apriva una crepa. Dove c’era una superficie levigata, mostrava un ingranaggio segreto.

Arnaldo Pomodoro è stato molto più di uno scultore. È stato un cartografo dell’anima. E la sua mappa cominciava in Romagna, tra le mani sporche di terra e un sogno che ancora oggi, nella forma di bronzo, continua a pulsare.