REDAZIONE RIMINI

"Aiuto i bimbi a nascere in casa"

L’ostetrica Paola Carlini: "Il Covid ha spinto molte donne a partorire tra le pareti domestiche"

La duchessa Meghan Markle è stata l’ultima, in ordine di tempo, a sdoganarlo: in previsione della nascita della sua seconda figlia, ha confidato di volerla mettere al mondo tra le mura della sua villa californiana. Il parto in casa è una scelta che accomuna la moglie di Harry a molte celebrità di Hollywood, da Meryl Streep a Demi Moore. E che sta prendendo piede anche da noi, complice il timore di recarsi in ospedale in tempo di pandemia. Medici e neonatologi continuano a considerarla una pratica rischiosa, poiché, anche nelle condizioni ideali, non è possibile escludere con certezza complicazioni per la salute di mamma e neonato. L’ostetrica riminese Paola Carlini, dopo parecchi anni di lavoro in ospedale, ha intrapreso la libera professione per dedicarsi esclusivamente ai parti domiciliari.

Perché una scelta così drastica?

"Quando ho deciso di diventare ostetrica, credevo che creare un legame forte ed empatico con la futura mamma fosse parte fondamentale della mia professione. Ho lavorato in diverse strutture - da Rimini a Bologna, fino a Ferrara - e mi sono convinta che la realtà ospedaliera, vasta e necessariamente organizzata per turni, renda difficile coltivare questi rapporti con l’attenzione che meritano".

Cos’è successo poi?

"Per un po’ ho provato a trasferirmi in un piccolo borgo o in una comunità montana: ambienti in cui sarebbe stato più facile instaurare rapporti di fiducia e duraturi con le pazienti. Successivamente, sono entrata in contatto con l’associazione ‘Nascere a casa’, fondata nel 1981. È stato allora che ho capito che quella sarebbe stata la mia strada".

Perché, nel 2021, una donna sceglie di partorire in casa?

"Mi preme chiarire innanzitutto una cosa: non tutte le donne possono partorire in casa con tranquillità. Solo quelle definite ‘a basso rischio’ possono farlo: nel loro caso, la probabilità che si verifichi un’emergenza è estremamente rara. Il percorso di nascita in casa non si improvvisa, è il risultato di una valutazione meticolosa e costante durante i nove mesi della gravidanza".

Torniamo alle motivazioni: è vero che la paura di contrarre il Covid in ospedale ha provocato un’impennata delle richieste?

"Confermo. Dallo scoppio dell’emergenza, in tante ci hanno contattato perché spinte dal terrore di recarsi in ospedale o di partorire senza avere al proprio fianco il partner. Ma il più delle volte non le abbiamo ritenute ragioni sufficienti per proseguire il percorso".

Quali sono, allora, le motivazioni valide?

"Ad esempio, l’intenzione di restare nell’intimità delle pareti domestiche, in un ambiente protetto e familiare. La volontà di non essere viste da troppe persone, di proteggere la propria privacy in un momento così delicato. Tante donne si rivolgono a noi per avere il secondo o il terzo figlio, riferendoci di aver vissuto degli episodi spiacevoli nei parti precedenti".

Il parto in casa, però, non è gratuito come quello ospedaliero. "La nostra regione è tra le poche in Italia a riconoscere almeno la possibilità di un rimborso parziale. Lungi dal demonizzare l’ospedale, trovo confortante che le istituzioni rispettino la libertà di scelta del luogo del parto".

Cosa la emoziona di più nel far nascere un bimbo in casa?

"È un impegno fisico ed emotivo molto intenso, che noi ostetriche condividiamo con la futura mamma. E quando il parto si compie, è come prendere la vita letteralmente tra le mani".

Maddalena De Frachis