
Da poco ospite a Rimini per ricevere il premio ad honorem in occasione della settima edizione della ‘Settima Arte’ -...
Da poco ospite a Rimini per ricevere il premio ad honorem in occasione della settima edizione della ‘Settima Arte’ - rassegna dedicata all’industria del cinema - il pluripremiato regista Gianni Amelio, autore di numerose pellicole tra cui ‘Hammamet’, ‘Lamerica’, ‘Il signore delle formiche’ e ‘Il ladro di bambini’ si è raccontato, lasciando trasparire un lato intimo e personale, tipico anche dei protagonisti dei suoi film.
Si racconti, chi è Gianni Amelio?
"Un ragazzo nato subito dopo la fine della guerra, che ha vissuto la crisi nera del dopoguerra. Il contesto in cui sono stato educato era di povertà assoluta. Sono cresciuto con la cicoria, ho conosciuto la carne solo tardivamente".
Come si fa cinema secondo lei?
"Bisogna apprendere da chi ci ha preceduto. Solo in questo modo si può veramente imparare il mestiere. Non basta studiare, bisogna stare sul campo e apprendere".
È più facile farlo o insegnarlo, il cinema?
"Farlo, sicuramente. E lo dico da docente del Centro Sperimentale di Roma".
In una società come quella di oggi, fatta di supremazia e inciviltà, lei sembra remare in direzione opposta, continuando a raccontare il senso civile e storie ‘ai bordi della vita’.
"Io parlo di me, di ciò che mi manca e di ciò che vorrei. Cerco di legare il discorso intimistico al discorso sulla società e sugli altri. Non mi sono mai dimenticato che prima di me ci sono gli altri".
Quando ha avuto la sensazione di avercela fatta?
"Era il 1991, io finii nella cinquina dei finalisti per gli Oscar. L’Italia era candidata come ‘miglior film straniero’. Insieme a me c’erano anche Fellini e Monicelli. Alla fine vinse il mio ‘Porte aperte’ e finii candidato agli Academy Awards. Quando chiamai a casa mi dissero ‘Hai battuto Fellini’".
Ha citato Fellini. C’è una vena malinconica comune: concorda?
"Non mi sento di dire che siamo simili. Lui aveva un modo tutto suo di porsi nel confronti del cinema e del pubblico, io ne ho uno mio. Naturalmente ho una stima immensa, ma sono due malinconie diverse, legate a due vissuti differenti".
Andriy Sberlati