"Assunzioni bloccate dalla legge"

Il direttore Carradori: "Nei nostri ospedali mancano trenta medici tra anestesisti, internisti e personale del Pronto soccorso"

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di Manuel Spadazzi

I pazienti per Covid in ospedale sono in calo, a Rimini così come nel resto della Romagna. Da una settimana all’altra i malati Covid in corsia (in Romagna) sono passati da 75 a 59 in tutto, di cui poco più di una ventina nel Riminese. Anche se resta una certa preoccupazione per la possibile risalita di contagi e di ricoveri nelle prossime settimane, "la situazione attualmente è sotto controllo", assicura il direttore generale dell’Ausl Tiziano Carradori. Quello che invece preoccupa è la carenza di sanitari, e in particolare di medici. Nonostante l’infornata di camici bianchi arruolati durante la pandemia, "stiamo facendo salti mortali negli ospedali perché non riusciamo a trovare medici di base e per i reparti".

Una delle situazioni emblematiche è quella del Pronto intervento di Santarcangelo: da oltre un anno è aperto soltanto di giorno per carenza di personale.

"La situazione di Santarcangelo è emblematica, ma non è certo l’unica. Abbiamo carenze di personale medico anche al Pronto soccorso dell’ospedale di Rimini, così come al Pronto intervento di Cattolica dove ci stiamo letteralmente arrampicando sugli specchi per garantire il servizio. E potrei andare avanti: abbiamo difficoltà al Bufalini di Cesena e in altre strutture ospedaliere in Romagna".

Nel Riminese a oggi quanti medici ospedalieri mancano ancora all’appello?

"Una trentina almeno. Ci servono medici per i Pronto soccorso, anestesisti, internisti. Mancano anche medici di base in alcune zone del Riminese che sono completamente rimaste scoperte. C’è un problema, serio, di arruolamento dei professionisti".

Eppure per la pandemia sono stati assunti tanti giovani medici, anche neolaureati. Possibile che non si riesca a rinforzare gli organici con loro?

"No, perché la legge impedisce di assumere nel servizio sanitario nazionale chi deve completare la specializzazione, e nega la possibilità loro di svolgere l’attività formativa se hanno un contratto con l’Ausl. E’ paradossale, ma è così: un medico che si sta specializzando può lavorare nella sanità privata, o ancora svolgere attività per l’Ausl con contratti a tempo o di collaborazione, ma non può essere in organico in ospedale".

Come se ne esce?

"Bella domanda. Sia chiaro: non è un problema solo della Romagna, anzi. Direi che è un problema regionale e nazionale. Tanto che io avevo proposto personalmente, in più occasioni, di rivedere le attuali norme. Di più non posso fare: è la politica che deve mettere mano alla legge e risolvere la situazione. Paghiamo anni e anni di tagli, di una sanità pubblica che è stata organizzata e pianificata quasi esclusivamente sulla base di costi e spese. Spero che il Covid, come ho già detto più volte, ci sia servito da lezione: va bene la sostenibilità economica del servizio, ma sulla sanità non si può guardare al risparmio".

Per ovviare alla carenza di sanitari, la Regione aveva anche un fatto un bando per arruolare medici e infermieri all’estero. Com’è andata?

"Non come si sperava. Noi stiamo facendo il massimo, entro la fine di quest’anno l’Ausl Romagna arriverà ad avere quasi 18mila dipendenti. Di assunzioni ne abbiamo fatto tante e continueremo a farne ancora, ma per l’arruolamento dei medici la nostra azienda sanitaria e tante altre sono in difficoltà per i motivi esposti. Nessuno ha la bacchetta magica per risolvere il problema, ma posso assicurare che noi ce la stiamo mettendo davvero tutta".