MARIO GRADARA
Cronaca

Balneari, freno Ue sugli indennizzi. Niente oneri per i nuovi operatori nei futuri bandi di assegnazione

I risarcimenti non devono creare barriere economiche per i gestori, trasformandosi in un disincentivo alla concorrenza. Esclusi dal calcolo beni non autorizzati e strutture non amovibili già acquisite dallo Stato .

Tra incertezze normative e nuove regole Ue, il settore attende risposte sul futuro delle concessioni

Tra incertezze normative e nuove regole Ue, il settore attende risposte sul futuro delle concessioni

Concessioni balneari: doccia fredda dell’Unione europea sul decreto indennizzi. In vista del provvedimento che Salvini ha confermato arriverà "entro marzo", è una lettera predisposta dalla Direzione generale Mercato Interno e Pmi dell’Ue (Dg Grow) ad allarmare il ministero delle Infrastrutture, che emanerà i decreti attuativi dei bandi di spiaggia, con la determinazione della "equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi 5 anni". Le indicazioni fornite dai funzionari Ue chiariscono un principio: non si possono creare oneri indebiti che scoraggino nuovi operatori dal partecipare alle procedure. In pratica, gli indennizzi - che i bagnini, preoccupati, chiedono di rivedere con l’ampliamento dei 5 anni di retroattività annunciati nella proroga al 2027 fissata dal governo Meloni col ’salva-infrazioni’ - non diventino un disincentivo che porti al flop delle gare.

Mercoledì scorso, intervenendo agli Stati generali del turismo balneare organizzati da Sib- Confcommercio, Salvini ha citato la lettera ricevuta dall’Ue, assicurando che non cambierà linea sulla ’battaglia storica’ della Lega: "Il decreto ce lo scriviamo noi perché siamo un Paese sovrano, saranno indennizzi veri, non mance". In effetti i paletti che indicano i funzionari di Bruxelles sono severi. A partire dal dover evitare meccanismi che trasferiscano ai nuovi operatori, con obbligo di indennizzo, l’ordinario rischio d’impresa. Poi, ricordando che il salva-infrazioni prevede indennizzi per gli investimenti fatti ma non ancora ammortizzati, spiegano che questi non possono riguardare beni diversi da quelli immateriali necessari per la fornitura del servizio. Ovvero, devono restare fuori dal calcolo le strutture non costruite legalmente con autorizzazione dei Comuni; le opere non amovibili per le quali i Comuni hanno ordinato la demolizione; tutte le strutture fisse e quelle di ’difficile rimozione’ acquisite dallo Stato. Escluse dagli indennizzi, per l’Ue, anche le strutture rimovibili perché il concessionario uscente potrebbe tenersele o rivenderle. Anche perché l’investimento rientra nel rischio d’impresa.

La lettera dei funzionari Ue poi entra nei calcoli spicci. Per la quota ammortizzata va considerato il tempo trascorso tra investimento e data finale di riassegnazione della concessione. Per la quota non ammortizzata il decreto di marzo del ministero dovrà fissare aliquote basate sulla vita utile delle strutture inamovibili. Capitolo a parte l’equa remunerazione degli investimenti negli ultimi 5 anni. La Dg Grow ricorda che il nuovo concessionario non può essere responsabile del mancato ottenimento di un certo guadagno del precedente titolare. Quindi il governo dovrà fissare criteri quantificabili: niente sovracompensazioni. Non ammissibili neppure valore aziendale e avviamento, nè eventuali spese su marchi e brevetti. Infine, veto di chiedere fidejussioni al nuovo titolare per non penalizzare soprattutto giovani operatori che aspirano a entrare sul mercato.

Mario Gradara