Camorra a Rimini, le mani della malavita in Riviera: in sette rischiano ora il processo

La Finanza aveva scoperto i legami fra camorra e Romagna, la procura adesso ha chiuso le indagini Nei guai alcuni residenti di Cattolica, tra cui Giovanni Iorio, vicino allo storico clan Sarno

Camorra, le basi a Cattolica In sette verso il processo

Camorra, le basi a Cattolica In sette verso il processo

Rimini, 31 gennaio 2023 – Quella mattina – era il 21 luglio del 2020 – i residenti di Cattolica e Gabicce erano stati svegliati dal rumore degli elicotteri della Guardia di Finanza che sorvolavano la città. Gli abitanti della Regina avevano così scoperto che la camorra si nascondeva in mezzo a loro. Anzi, proprio dalla Romagna partivano le ramificazioni di un organizzazione criminale che aveva esteso i suoi tentacoli fino alle province di Parma, Pesaro-Urbino, Milano, Parma, Cesena e altre ancora, mettendo insieme – tra affari sporchi, riciclaggio, autoriciclaggio per diversi milioni di euro – un piccolo impero composto anche da una pizzeria al taglio, un ristorante, un’azienda edile, oltre a vantare legami di parentela con il clan Sarno e quello dei Casalesi.

La Procura della Repubblica di Bologna ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai 61 indagati (tra i difensori gli avvocati Manuel Verde e Marco Sciascio di Bologna) coinvolti a vario titolo nella cosiddetta operazione ‘Darknet’, condotta dalle Fiamme Gialle con il coordinamento della Procura di Rimini e della Direzione Distrettuale Antimafia. Tra di loro ci sono anche sette persone residenti (attualmente o in passato) a Cattolica, incluso Giovanni Iorio (difeso dall’avvocato Antonio Del Vecchio), 53 anni, napoletano di nascita, pluripregiudicato e cognato di Vincenzo Sarno, storico capo dell’omonimo clan operante nel quartiere Ponticelli di Napoli; Luigi Saverio Raucci (difeso dall’avvocato Alessandro Totti), 44 anni; Pasquale Coppola (difeso dagli avvocati Francesco Pisciotti e Massimiliano Giacumbo), 55 anni, commercialista pesarese, considerato dagli investigatori la persona di riferimento per quanto riguardava le scritture contabili.

Le ipotesi di reato vanno, a vario titolo, dall’associazione per delinquere al trasferimento fraudolento di valori alla falsità ideologica fino ad arrivare al riciclaggio. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, gli indagati sarebbero stati capaci di mettere in piedi un’organizzazione in grado di generare introiti per milioni e milioni di euro. Un vero e proprio fiume di denaro, che però non figurava in nessun bilancio e risultava del tutto invisibile al Fisco, tanto che Raucci viveva addirittura in una casa popolare.

I proventi illeciti delle attività sarebbero stati riciclati attraverso una sala scommesse e arrivando persino a simulare delle vincite al gioco per nascondere invece la vera provenienza del denaro. Società riconducibili ad alcuni degli indagati erano riuscite ad ottenere – tramite pratiche corruttive e alterando le gare d’appalto - l’esecuzione di lavori pubblici all’interno della Stazione Sperimentale per l’industria delle Conserve Alimentari di Parma, fondazione pubblica interamente controllata dalla Camera di commercio di quella Provincia.