Morta di cancro, "Un registro per chi fa cure non convenzionali"

La proposta del dottor Samorani: "Certa gente va smascherata"

Domenico Samorani

Domenico Samorani

Rimini, 6 settembre 2016 - Arginare in qualche modo la presenza di persone che praticano cure non convenzionali, molte volte in sostituzione a terapie per combattere malattie gravissime come i tumori.

L’idea sarebbe quella di istituire un registro sul tipo di quello istituito dall’Ordine dei medici, al cui interno dovrebbero figurare tutte le persone che praticano cure non convenzionali, in modo da valutare immediatamente il comportamento di queste persone.

La proposta è stata lanciata dal dottor Domenico Samorani, responsabile della Chirurgia del seno dell’ospedale di Santarcangelo (Ausl Romagna) che l’ha poi ribadita nel corso della trasmissione di Rai 1 ‘La vita in diretta’.

«Se queste persone collaborano con i medici e le loro cure sono di supporto alle terapie convenzionali, va bene – sottolinea il medico –. Ma nel momento in cui diventano una alternativa vera e propria, queste persone devono essere denunciate, sanzionate e, nei casi più gravi, radiate dal registro. Proprio come succede con il procedimento dell’Ordine dei medici».

Samorani è il chirurgo che ha operato la giovane madre riminese (34 anni), per un tumore al seno, quattro anni fa. Pur ribadendo alla donna che se avesse fatto la chemioterapia sarebbe guarita in una percentuale del 93-95 per cento a cinque anni dall’intervento, ha rifiutato preferendo affidarsi a cure alternative che, purtroppo, non hanno sortito nessun effetto: la giovane madre (ha due bambini di otto e dieci anni) è morta giovedì mattina.

Un decesso arrivato due giorni dopo quello di una diciottenne padovana. Lei se n’è andata dopo aver rifiutato la chemio che avrebbe, con percentuali anche in questo caso, altissime, potuto debellare la sua leucemia.

Samorani, considerati i tanti casi (almeno dieci negli ultimi tre anni) di donne che hanno rifiutato la chemio sta cercando di lanciare l’allarme in tutti i modi possibili.

«E’ vero che la chemioterapia per otto-dieci mesi può dare tanti disturbi: si possono perdere i capelli, ci sono disturbi gastrointestinali, ma bisogna avere fiducia nei medici – dichiara con forza –. Ho visto donne rinascere, tornare a vivere con una forza incredibile. Sposarsi, fare figli, con una gioia e un amore per la vita che, mi hanno confessato, prima non avevano».