Capriolo all'aeroporto di Rimini. "Cuore, testa e muscoli: così salvo gli animali"

Intervista a Piero Milani, il super esperto di Modena chiamato a catturare vivo il capriolo che da un anno si nasconde all’aeroporto di Rimini

Piero Milani con un animale appena salvato

Piero Milani con un animale appena salvato

Rimini, 3 agosto 2021 - Se c’è uno che sa parlare con gli animali, quello è Piero Milani. "Ho imparato tutto da loro e stando con loro", rivela. Del resto nessun attestato potrebbe riconoscergli l’amore che prova ogni volta che salva o accoglie nel centro ’Il Pettirosso’ di Modena un animale in difficoltà. Lui e il suo staff – tutti volontari – sono stati chiamati a catturare il capriolo che da un anno vive all’aeroporto Fellini di Rimini, pare con cucciolo al seguito. Finora nessuno è mai riuscito nell’impresa. Milani porterà con sè i droni con telecamere termiche, che già usa nel Modenese per individuare i caprioli che si nascondono tra l’erba alta dei campi agricoli e rischiano di essere uccisi dalle mietitrebbie. Niente fucile per la telenarcosi, ha assicurato, perché potrebbe essere fatale all’animale.

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Perché catturare i caprioli è così difficile? "Perché si tratta di animali splendidi ma delicati come farfalle. Lo stress può portarli alla morte. Noi del Pettirosso abbiamo messo a punto un protocollo con l’università di Bologna e Parma e non ne abbiamo mai perso uno. Ai miei collaboratori dico che il capriolo va catturato al primo colpo, perché non c’è una seconda possibilità: o scappa o muore". Quanti ne ha recuperati? "Nel nostro centro ne entrano dai 300 ai 400 all’anno, la maggior parte recuperati da noi da giardini, parchi, autostrade e anche da aeroporti. Due settimane fa ne abbiamo salvato uno proprio all’aeroporto di Pavullo, nel Modenese". Il salvataggio più faticoso? "Di recente ho lottato 25 minuti proprio con un capriolo (c’è un video che lo testimonia, ndr). Era caduto in un canale con le sponde di cemento e non riusciva a uscire. Sarebbe annegato. Sono intervenuto da solo, il furgone dei volontari è arrivato quando ormai lo stavo per bendare. E’ stata durissima, era pieno di energie, l’ho ancorato con un retino e portato a riva, ma togliere le maglie dal palco è stata una guerra. Ce l’ho fatta". E quello più emozionante? "Era un cucciolo di capriolo trasportato dalla corrente e che stava andando verso una chiusa con sotto un salto di tre metri. Ci siamo tuffati in acqua con i vigili del fuoco senza esitare e lo abbiamo afferrato". Cambiamo specie. Altri recuperi da ricordare? "Di recente la Polstrada ci ha affidato 540 uccellini salvati dal traffico illecito di volatili. Erano in condizioni precarie. Poi ci sono l’aquila incastrata in una rete sull’Appenino modenese e sottoposta a un trapianto di penne remiganti; la civetta bianca, il gufo reale. Ora al centro c’è un ghiro bianco. E ancora il lupo nero Ezechiele, scambiato per un cane e tenuto anni in cattività; il caimano e il varano recuperati nelle colline di Maranello, il colubro lacertino (parente del cobra) di due metri salito su qualche camion proveniente dai Balcani o dai Pirenei e finito in una azienda ceramica. La lista è lunga. Dall’inizio dell’anno sono entrati nel nostro centro 4mila animali tra quelli recuperati da noi e quelli che ci sono stati affidati poiché ormai siamo un punto di riferimento nazionale. Riusciamo a reinserire in natura l’80% degli animali selvatici. Il 40% sono volatili, tra cui tanti rapaci". Il centro ha anche progetti di spessore come quello delle linci... "Sì, vado fiero delle nostre sei linci e aspetto il responso della commissione scientifica di Roma relativo al progetto sull’orso bruno. Siamo in attesa del sopralluogo degli esperti nell’area individuata per ospitare esemplari tolti ad esempio dai circhi. Infine sta andando bene il progetto api. Quest’anno abbiamo ricevuto 300 richieste per recuperare sciami, abbiamo molte arnie e produciamo miele biologico". Come va avanti il centro a livello economico? "Con le donazioni e il buon cuore della gente, anche se con la pandemia le entrate sono diminuite. Puntiamo sul 5 per mille (codice fiscale 94120020360). I nostri interventi sono a titolo gratuito e devo dire che si fa una gran fatica a sopravvivere poiché i contributi pubblici sono pressoché inesistenti". Come fate a sopravvivere? "Con la passione, di tasca nostra. L’Italia non investe sulla tutela ambientale, stiamo distruggendo il territorio con la cementificazione. Ormai siamo al punto di non ritorno".