di Lorenzo Muccioli e Francesco Zuppiroli
Les jeux sont faits, rien ne va plus. È con lo schiocco grave di un faldone di migliaia di pagine che si richiude su sé stesso, ma anche con la velocità di una notifica digitale apparsa sui computer delle parti in causa che ieri, alle 15 in punto, l’inchiesta sull’omicidio di via del Ciclamino si è conclusa. Oltre un anno e mezzo di indagini sono infatti giunte all’epilogo quando il sostituto procuratore Daniele Paci con una mossa da croupier ha chiuso i giochi, definito le accuse e aperto, questo sì, a una nuova fase del giallo di Pierina Paganelli, l’anziana uccisa nei sotterranei di via del Ciclamino 31 la sera del 3 ottobre 2023 con 29 coltellate. E lo ha fatto, la procura di Rimini, senza mancare nel colpo di scena finale, onorando quasi una tradizione per un’inchiesta che in un anno e mezzo ha attraversato varie fasi: tra punti oscuri, false piste, versioni ritrattate, ma anche e soprattutto un solo, unico, sospettato.
Ha un nome e un cognome infatti il destinatario della notifica del ’fine indagini’, quel Louis Dassilva, vicino di casa della vittima ed amante della nuora, Manuela Bianchi, per cui infine è stata formulata un’accusa pesantissima. Un’accusa che potrebbe costare al 35enne senegalese l’ergastolo, ora che per lui si profila in un orizzonte cupissimo la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio volontario pluriaggravato. Ed è proprio tra quelle righe che scolpiscono sul monitor le accuse, che si legge la parola "premeditazione", quasi un asso nella manica di chi indaga per incrinare ancora di più la posizione di Dassilva. Quando Louis venne arrestato infatti, il 16 luglio dell’anno scorso, le aggravanti contestate al senegalese si ’limitavano’ ai motivi abietti, alla crudeltà e alla minorata difesa della vittima. Accuse contestate ancora, ma ’arricchite’ dal fatto che adesso, dopo un anno e mezzo, la procura e la squadra mobile – diretta dal vicequestore aggiunto Marco Masia – ritengono di avere elementi sufficienti per dire che Dassilva non solo abbia ucciso Pierina Paganelli, ma lo abbia fatto progettando prima il delitto, nei suoi minimi dettagli.
A finire insomma non è un’indagine come tutte le altre. Bensì l’inchiesta che più a lungo in tempi recenti ha calamitato l’attenzione di un Paese intero. Con i suoi volti e i suoi misteri, l’odio, il sangue e gli amori infedeli. Con protagonisti divenuti più personaggi che persone. Il vicino, la nuora. Il fratello, la moglie, il procuratore, gli avvocati. I consulenti. Ma soprattutto, la vittima. La storia di Pierina Paganelli, che si è interrotta una sera qualsiasi di ottobre, in un momento abitudinario come il ritorno a casa da un incontro di preghiera coi Testimoni di Geova. Quelle 29 coltellate disegnate sul corpo straziato della vittima sono state come un calcio a un vaso di Pandora che ha tolto il coperchio a un coacervo di veleni covati in un condominio ’degli orrori’. Ben presto infatti il mistero ha cominciato ad aggomitolarsi su sé stesso, chiamando in causa i suoi ormai arcinoti quattro ’protagonisti’. Manuela e Loris, quei fratelli Bianchi che sin da subito hanno attirato sospetti pur non finendo mai al centro del ring investigativo come indagati per il delitto. E poi Louis e sua moglie Valeria Bartolucci, ora più che mai anche lei al centro dei radar degli inquirenti poiché ritenuta "non credibile" nel fornire un alibi a Dassilva per quella notte.
Ma quel che più ha poi alimentato e accelerato la galassia di interesse mosso intorno ad un giallo che va avanti da oltre un anno e mezzo, sono stati i media. Palcoscenici cartacei, televisivi, digitali, in cui la battaglia legale si è trasformata e ha assunto i volti dei consulenti di parte – Davide Barzan per Manuela e Loris Bianchi, ma anche l’ex capo dei Ris Luciano Garofano e la criminologa Roberta Bruzzone, consulente di parte di Dassilva.
È stata un’inchiesta complicatissima. Questo senz’altro. Passata attraverso reperti ammuffiti e di fatto resi inutilizzabili per la comparazione del Dna. Un’inchiesta indiziaria, la cui prima ’prova regina’ si è poi ritorta contro chi indaga quando il filmato della cam3 è stato ’fatto a pezzi’ dai superperiti del gip, chiarendo come non fosse Dassilva l’uomo ripreso in strada minuti dopo l’omicidio. E un’inchiesta ribaltata da rivelazioni tardive, ma ritenute credibili in più di una sede: quelle di Manuela Bianchi, nuora, ex amante, grande accusatrice. Movente del delitto, secondo la procura, ma anche colei in grado di svoltarlo dicendo per la prima volta il 4 marzo scorso di avere incontrato Louis Dassilva nel garage prima di trovare il cadavere della suocera. E s’è vero che ora le indagini appunto si sono chiuse, altrettanto vero è che si è solo aperto un nuovo capitolo del giallo: con la battaglia che si appresta a passare in Corte d’Assise, mentre residui di incidenti probatori, ordinanze impugnate e porzioni del fascicolo del pm tutta da scoprire restano sullo sfondo pronti per aggiungere nuovi tasselli al mosaico. Insomma, les jeux sont faits. Ma solo per ora.