Celibato preti Rimini, l'ex sacerdote. "La tonaca mi pesava, ho scelto la salute"

Parla Mauro Borghesi, un ex sacerdote riminese. "Funerali e benedizioni erano fonte di stress. Ho detto basta e ora convivo"

Mauro Borghesi, 54 anni, ha lasciato il sacerdozio

Mauro Borghesi, 54 anni, ha lasciato il sacerdozio

Rimini, 13 febbraio 2020 - Papa Francesco non apre alla possibilità di ordinare sacerdoti i diaconi sposati. Nell’esortazione Querida Amazonia che ha chiuso il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia, il Papa ha scelto di non cambiare le regole sul celibato. Ciò anche se nella Chiesa cattolica non mancano le eccezioni: dai preti sposati nelle Chiese di rito orientale ai sacerdoti anglicani sposati. Tra i tanti preti che, anche nel Riminese, hanno lasciato la tonaca e si sono sposati o convivono, c’è Mauro Borghesi. Quando è stato ordinato sacerdote? "Nel 1991 ho conseguito il baccalaureato di teologia al Seminario regionale di Bologna. Sono diventato prete nel 1992". Quanti anni aveva? "Ventisei, sono nato a Riminil nel 1966, anche se oggi abito a Savignano, dove convivo". Quando ha lasciato? "Ho lasciato la veste nel settembre del 1997". In quale parrocchia era? "Svolgevo il servizio di cappellano a Riccione presso la parrocchia di San Martino". Perché ha deciso di lasciare, quanto ha pesato la questione del celibato? "Vivevo un disagio crescente, dovuto a quello che mi si chiedeva di fare in parrocchia: consideri che San Martino di Riccione è molto grande". Quali le difficoltà principali che incontrava? "I momenti che per me erano fonti di stress erano i funerali e le benedizioni pasquali. Soprattutto queste ultime. E mi sottraevano troppe energie". Poi cosa ha fatto? "Ho provato a parlarne con il vescovo dell’epoca. Ma non ho trovato particolare apertura. Mi è stata chiesta abnegazione". E lei? "Ne andava di mezzo la mia salute, ho lasciato. E’ stata dura". Oggi lei è sposato? "No, convivo da tempo. Non ho figli". Quanto al celibato dei preti? "Quella del celibato è la punta dell’iceberg". Qual è l’iceberg? "Una certa impostazione della Chiesa, il sacerdozio, a mio avviso, è troppo sacralizzato, è un po’ troppo importante all’interno della Chiesa". Cosa si dovrebbe fare invece? "Sviluppare quanto, 50 anni fa, deciso nel Concilio Vaticano II". Ovvero? "L’idea è quella del ’sacerdote comune’". Che cosa significa? "In sostanza che tutti i fedeli sono sacerdoti, poi ciascuno ha un ruolo diverso all’intero della comunità. Questo tipo di indirizzo, che riduce la centralità del sacerdote, cosa che ha prodotto effetti negativi, forse ha spaventato, ed è rimasta lì". La Chiesa ha tempi lunghi, secolari. "Ma la vita delle persone non dura secoli". Il celibato rimane fuori. "Il celibato dei preti è conseguenza della paura della Chiesa verso la sessualità. Vista come cosa purtroppo necessaria per la riproduzione, e per il resto da evitare. Una visione arcaica. Penso sarebbe meglio una visione più serena, che porti a una opzione: sacerdote libero o sposato, o anche fare il sacerdote per, ad esempio, 10 anni, poi vedere se sei o meno tagliato". Lei potrebbe sposarsi? "Non potrei farlo in chiesa: per farlo dovrei chiedere la dispensa dal celibato. Ammettendo che ho sbagliato io a diventare prete. Non è così". Ha altri amici ex preti? "Sì, diversi sposati in chiesa". Cosa fa oggi? "Ho ho lavorato per sette anni in una comunità per malati psichici e ora sono responsabile di un centro residenziale per handicap. Nel 2001 ho pubblicato una serie di riflessioni sulla mia esperienza ecclesiale come sacerdote (‘Chiesa, dove vai?’). Nel 2004 mi sono laureato come Educatore professionale, e sono operatore olistico".