Chiara De Lucia trovata morta in Inghilterra, mistero sul decesso della ricercatrice

Malore fatale per la riminese di 28 anni. I genitori: "Deceduta mentre parlava al telefono. Era in salute, diteci cos’è stato". Si attende l’esito dell’autopsia

Chiara De Lucia, la giovane ricercatrice morta nella sua casa in Inghilterra

Chiara De Lucia, la giovane ricercatrice morta nella sua casa in Inghilterra

di Manuel Spadazzi

"Chiara, Chiara...", ha continuato a gridare la sua amica al telefono, dopo averla vista svenire. Ma Chiara non parlava e non si muoveva. Non riusciva più a reagire. Il suo cuore all’improvviso ha smesso di battere, e quando i sanitari e la polizia sono arrivati nella sua casa per lei non c’era più nulla da fare. E’ morta così Chiara De Lucia, giovane ricercatrice riminese di soli 28 anni. Chiara si trovava in Inghilterra, dove lavorava e studiava all’università del Surrey nella città di Guildford, a un’ora e mezza di auto da Londra. Solo l’autopsia potrà chiarire le cause dell’arresto cardiaco che ha spezzato la vita di Chiara, la sera dell’11 gennaio. "Ma nostra figlia era in perfetta salute, faceva sport e conduceva una vita sana", raccontano i genitori della ragazza, volati in Inghilterra non appena hanno potuto. Sono ancora lì, insieme all’altro loro figlio, Andrea, che vive e lavora a Londra, in attesa che venga eseguita l’autopsia. Appena conclusi gli accertamenti, ci sarà una cerimonia per Chiara all’università del Surrey, dove la giovane era molto conosciuta "e si era fatta voler bene". Poi il ritorno in Italia, per i funerali a Rimini. E saranno tanti a partecipare, pure da Bologna, dove Chiara aveva studiato laureandosi in fisica nucleare.

E’ lo stesso papà della ragazza, Giuseppe De Lucia, a raccontare la tragedia di Chiara. Riesce a farlo con grande coraggio e lucidità, nonostante il dolore che si porta dentro. "Chiara era stata a Rimini per le vacanze di Natale, poi era ripartita per l’Inghilterra il 9 gennaio. L’avevamo accompagnata noi in aeroporto, la sera stessa l’avevamo sentita al telefono e anche il giorno dopo". I genitori parlano con Chiara anche l’11 gennaio, al pomeriggio. E’ l’ultima volta che la sentono. Poche ore dopo la tragedia. "Dopo cena Chiara stava parlando al telefono con una sua amica inglese. Erano in videochiamata. All’improvviso si è sentita male, ed è svenuta a terra. La sua amica ha subito compreso la gravità della situazione, e ha chiamato l’università perché inviassero i soccorsi".

I soccorsi arrivano poco dopo, quando si presentano la polizia e i sanitari. Nella casa c’è anche il coinquilino di Chiara: non si è accorto di nulla perché in quel momento era al piano terra della casa. "I sanitari hanno provato a rianimare Chiara per 90 minuti. Ma non c’è stato nulla da fare". La famiglia di Chiara è venuta a sapere della tragedia solo due giorni dopo, il 13. "Eravamo in ansia perché non rispondeva al telefono. Abbiamo chiesto notizie di lei all’ateneo, ma la polizia aveva vietato di dare informazioni prima di riuscire a parlare con noi". Solo il 13 finalmente "riusciamo a metterci in contatto con la polizia". La telefonata la prende Daniela Padoan, la madre di Chiara. "Io in quel momento ero fuori casa, a passeggiare. Ero preoccupato, non avevamo notizie di Chiara da due giorni, non era da lei. Temevo le fosse accaduto qualcosa. Mi telefona mia moglie e mi dice che Chiara... non c’è più. Avrei voluto morire anche io in quel momento. Non so come ho fatto a tornare a casa".

I genitori della ragazza sono in Inghilterra dal 15, insieme al figlio Andrea. Attendono l’autopsia. E prima di riportare Chiara a casa, sarà organizzata una cerimonia in sua memoria all’università del Surrey. "Chiara era una studentessa brillante, una ragazza sempre contenta e serena. E per questo era molto benvoluta dal resto de gruppo e dagli altri studenti", dice di lei il professor Giuseppe Schettino, responsabile di Chiara all’università inglese. Dove la giovane ricercatrice lavorava dal 2019: aveva un dottorato, stava conducendo una ricerca su come curare i tumori con i raggi protonici.

Grande sportiva, amante delle arrampicate e dei viaggi, Chiara era anche una pittrice di talento. "Una ragazza che amava la vita, e non è solo un modo di dire – conclude il padre – Con la sua morte ci è cascato il mondo addosso , ma dobbiamo reagire. E lo dobbiamo fare per Chiara". Che durante gli anni a Bologna aveva fatto anche la volontaria per Amnesty. "Chiara – ricorda una delle volontarie, Eliana – era una di quelle persone capaci di rendere migliore questo mondo".