Ci sono i numeri per costruire la lobby riminese

Abbiamo maturato un tasso di litigiosità politica molto elevato, smarrendo una buona pratica che in altri territori ha prodotto risultati. Certo bisogna lasciarsi alle spalle l’ossessione propagandistica della primogenitura o la voglia di mettersi l’un l’altro i bastioni tra le ruote. Un’agenda condivisa non è impossibile: autonomia energetica basata sulle rinnovabili (parco eolico e comunità energetiche), infrastrutture per la mobilità (Statale 16 e Metromare), dotazioni adeguate per sicurezza e giustizia, standard adeguati dei servizi sanitari. Un capitolo a parte merita il turismo. Molti fattori ci inchiodano a un’offerta obsoleta e a fette di mercato di rango sempre più basso. Non bastano gli investimenti pubblici, ci vogliono nuovi attrezzi, amministrativi, urbanistici, fiscali, finanziari per creare l’habitat nel quale possa crescere una nuova voglia di fare impresa. In altre località, dove le rendite acquisite contano meno e le regole sono più proattive, ci si sta muovendo. Arrivano nuovi investimenti, nascono progetti improntati alla qualità e alla rigenerazione urbana. Noi invece rischiamo di interpretare il ruolo della bella addormentata, perché ci mancano gli attrezzi giusti che possono venire solo da nuove norme nazionali e regionali. Nel 1953 il sindaco di Rimini Walter Ceccaroni propose una legge speciale per la riviera. Il testo non venne sottoscritto solo da parlamentari della sua parte politica, ma anche da deputati della maggioranza di governo. Quella legge non venne mai approvata, anche se molti punti trovarono attuazione in provvedimenti più generali, essa tuttavia rimase l’orizzonte condiviso che consentì alla riviera di aprire uno straordinario ciclo di crescita. Mi piacerebbe se l’attuale sindaco di Rimini raccogliesse quel testimone e se i nostri parlamentari cominciassero a pensare come collaborare per il bene della nostra comunità. La costruzione di una potente lobby riminese dipende da loro.

Sergio Gambini