Coltellate davanti alla folla Dieci anni all’aggressore

Il 36enne albanese aveva colpito 6 volte all’addome un connazionale. Condannato in Assise, la Procura aveva chiesto una pena più severa

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È a 10 anni di reclusione e 3 anni di sorveglianza speciale la condanna pronunciata dalla Corte d’Assise di Rimini nei confronti di Albano Cano, 36enne albanese a processo per il reato di tentato omicidio. Albano Cano rispondeva infatti all’accusa di aver accoltellato - rischiando di farlo morire - un suo connazionale a Miramare quattro anni fa. Ad aprile, per lui al termine della requisitoria la Procura, nella persona del sostituto procuratore Paolo Gengarelli, aveva chiesto al giudice una pena pari a 13 anni di reclusione, con il verdetto che ha però separato l’ammontare complessivo tra dieci anni di reclusione e tre di sorveglianza speciale appunto.

I fatti contestati al 36enne albanese e per cui Cano è stato ora condannato nei giorni scorsi dalla Corte d’Assise risalgono al 4 marzo del 2018. Quel giorno Cano era andato a ’caccia’ di un conoscente, anche lui albanese, che la sera prima aveva cercato di sedare la lite finita a pugni tra lo stesso Cano e un altro soggetto. Il regolamento di conti si era consumato in via dei Martiri a Miramare, dove Cano, davanti a un locale, aveva accoltellato con sei fendenti, stando alle indagini condotte dai carabinieri, l’altro albanese finito a terra mentre tentava la fuga. Un agguato in pieno regola, a cui in tanti avevano assistito. L’amico dell’albanese ferito lo aveva caricato in auto e portato al pronto soccorso dell’ospedale Infermi, dove poi l’aveva abbandonato. L’uomo, rimasto ricoverato in rianimazione per vari giorni, era stato poi interrogato dai carabinieri del nucleo operativo di Rimini, fornendo una versione molto diversa. Secondo la vittima dell’accoltellamento, aveva incontrato il suo aggressore al bar, gli aveva offerto un caffé e questi per tutta risposta lo aveva insultato e poi accoltellato. I carabinieri tuttavia non hanno creduto alla versione e grazie ai racconti di chi aveva assistito all’agguato avvenuto in via dei Martiri, avevano ricostruito la vicenda riuscendo a risalire all’identità dell’aggressore, che si era rifugiato in Lombardia dalla fidanzata. In quell’occasione il ferito aveva rischiato di essere accusato di falsa testimonianza.