MARIO GRADARA
Cronaca

Coppia litiga per un sms: scoppia il caos al cinema Fulgor

Un messaggio apparso sul cellulare dell’uomo ha scatenato la reazione della donna. La direzione costretta a interrompere la proiezione

Elena Zanni, gestrice del Fulgor

Elena Zanni, gestrice del Fulgor

Rimini, 19 aprile 2025 – Due schiaffi echeggiano nel buio: “Sei un porco! Disgraziato! Stasera non torni a casa. Ti lascio i tuoi quattro stracci fuori dalla porta”. La donna scatta in piedi e se ne va. Lui la insegue (“cara fermati, posso spiegare”). Luce in sala. Si interrompe la pellicola. Spettatori esterrefatti. Ma anche divertiti.

Un film nel film quello cui ha assistito al Fulgor il pubblico che nei giorni scorsi, un sabato pomeriggio, proiezione delle 18,30. Sullo schermo c’era La vita da grandi, di Greta Scarano. Galeotto - la ricostruzione è di Elena Zanni, che gestisce il Cinema Fulgor - è stato un messaggio whatsapp comparso, durante la proiezione, sullo smartphone dell’uomo. “Nel buio della sala la luce diventa subito intensa – racconta la Zanni –. E la donna deve averne letto il contenuto, visto il finimondo che ne è seguito”.

Ad avvertire la stessa Zanni che qualcosa stava andando storto è stato uno degli spettatori: “Un signore è uscito indispettito dopo un quarto d’ora di proiezione: ‘c’è un alterco tra due persone, non si riesce a seguire il film’, mi ha detto”. “Io a quel punto entro decisa – prosegue –. Sento subito la pesante discussione in corso, la coppia era sui 35-40 anni, con epiteti irriferibili da parte della signora. Verteva sul fatto che lei aveva intercettato un messaggio sul cellulare di lui. Da come si comportavano credo proprio fossero una coppia, sposata o convivente, non lo so”. “Mi sono avvicinata, lei era un fiume in piena. Gli ha dato del porco, disgraziato, e altro. ‘Mi hai detto che avevi smesso’, ha aggiunto. Lui se ne stava zitto, con le orecchie basse. Io ho detto a entrambi che ero costretta a farli uscire. Lei ha continuato a urlare, e poi gli ha rifilato due schiaffoni che non ne hai idea. Poi si è alzata ed è andata via. Era una romagnola tamugna, di quelle toste”. E lui?

“Si è preso i due schiaffoni, si è guardato un po’ intorno, stoicamente è rimasto al suo posto e non ha fiatato. Dopo un poco è uscito, anche lui. La gente era allibita, gli uomini in particolare mi sono sembrati abbastanza terrorizzati, forse per inconscia solidarietà maschile. Qualcuno faceva delle risatine. Quando se ne sono andati c’è anche stato chi ha applaudito. All’uscita qualcuno mi ha chiesto dobbiamo pagare un extra per lo spettacolo imprevisto?’”.

Una scena che ormai è diventata cult. “Io da sempre prima dell’inizio entro in sala e faccio una piccola introduzione – conclude la Zanni –. E non manco mai di ricordare a tutti di spegnere il cellulare durante la proiezione. Da quando è successo il fatto, lo uso come spauracchio: ‘vedete, ve lo dico sempre di spegnere il telefono quando entrate in sala’. Penso che adesso lo spegneranno in parecchi”.

Una scena felliniana quella ospitata nella storica sala di corso d’Augusto, dove nel 1926 Federico Fellini fu folgorato dalla Settima Arte. Aveva 6 anni quando, seduto sulle ginocchia del padre, vide il suo primo film, Maciste all’inferno. Sala resa immortale dal regista in Amarcord, risognata e reinventata dallo scenografo premio Oscar Dante Ferretti, con riapertura nel gennaio 2018.