Corruzione e accesso illegale a banche dati

Sedici gli indagati nell’inchiesta della Finanza. Avrebbero favorito società di recupero crediti, coinvolta un’impresa di Riccione

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Secondo gli inquirenti, avrebbero corrotto dei dipendenti pubblici per convincerli ad accedere alle banche dati riservate dell’Inps e fornire tutte le informazioni possibili su persone con debiti in sospeso. Il tutto, è la tesi degli investigatori, a vantaggio di tre società specializzate nel campo del recupero dei crediti: una con sede a Palermo, un’altra a Messina e una terza infine a Riccione. Titolare di quest’ultima un imprenditore di 55 anni, coinvolto nell’inchiesta denominata ‘Interrogazione a sorpresa’, condotta dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo. I militari hanno dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal gip del tribunale siciliano, su richiesta della Procura. Oltre alle tre aziende, sono stati messi i sigilli anche a conti correnti e beni per circa 77mila euro. Gli indagati, in totale 16 tra persone fisiche e giuridiche, sono accusati a vario titolo dei reati di associazione per delinquere, corruzione, accesso abusivo alle banche dati, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio. Secondo la ricostruzione fatta dai militari delle Fiamme Gialle, i titolari di due attività, una con sede a Palermo e l’altra a Riccione, avrebbero corrotto un dipendente dell’Inps in servizio nel capoluogo siciliano al fine di reperire informazioni riservate in merito alla posizione lavorativa e contributiva di ignari utenti dell’ente previdenziale, nei cui confronti avevano ricevuto da terzi l’incarico di recuperare dei crediti. Grazie anche alle segnalazioni effettuate dalla struttura di Audit dell’Inps, sono stati ricostruiti circa 6000 possibili accessi abusivi, effettuati dal funzionario coinvolto nei confronti di oltre 800 nominativi. Per l’attività illecita verosimilmente prestata, il pubblico funzionario avrebbe ricevuto a titolo di remunerazione, e dunque quale prezzo della corruzione, la somma di circa 17mila euro. Quando il primo dipendente era stato scoperto, gli imprenditori si erano rivolti – sostengono gli inquirenti – ad un altro impiegato, in forza al Comune di Quartu Sant’Elena, in provincia di Cagliari. Quest’ultima avrebbe ottenuto compensi per un totale di circa 8mila euro. Sono in corso accertamenti, infine, anche sui rapporti tra l’imprenditore romagnolo e una ditta di disbrigo pratiche di Messina e una società di investigazioni private di Salerno.