Covid, il racconto. "I miei quaranta giorni in terapia intensiva"

Nicolò Mantani , 32 anni, il più giovane riminese malato di Covid finito in rianimazione: "Ai negazionisti consiglio di fare un giro all’ospedale"

Nicolò Mantani a sinistra mentre era ricoverato in ospedale, a destra di nuovo in salute

Nicolò Mantani a sinistra mentre era ricoverato in ospedale, a destra di nuovo in salute

Rimini, 15 ottobre 2020 - Il tempo di compiere 32 anni, il 9 marzo scorso e la sua vita è stata completamente stravolta. Da un mostro chiamato coronavirus. Per più di due mesi Nicolò Mantani, insegnante di educazione fisica in una scuola privata a Rimini, ma residente a Bellaria, è stato ricoverato in ospedale: per quaranta, lunghissimi giorni è stato in Rianimazione, tra la vita e la morte. Lui, Nicolò, è stato anche il più giovane tra i pazienti affetti da Covid finito in Terapia intensiva a riprova che il maledetto virus non colpisce solo gli anziani, ma non risparmia neanche i giovani.

E Nicolò, fisico atletico, sportivo da sempre e mai una malattia, ne è un esempio. Ora, a distanza di mesi da quell’incubo, è guarito ed è tornato alla sua vita. "Quando leggo i negazionisti che dicono che il virus non esiste, beh, direi loro di farsi un giro in Rianimazione, di parlare con gli operatori, con i medici, con gli infermieri che per mesi hanno lottato contro il virus. Non dico di parlare con me, ma con loro. E la situazione adesso non sta certo migliorando, anzi". Il suo incubo è iniziato ai primi di marzo. "All’epoca lavoravo come insegnante in una comunità per bambini – esordisce Mantani – il Covid era appena entrato di forza nella nostra realtà. A metà marzo, per esattezza il 14, inizio ad avere la febbre. Pensavo fosse una forma di influenza. Allora non si sapeva ancora come comportarsi. La febbre però non andava via, era sempre alta. Il 21 vengo sottoposto al tampone e risulto positivo. La notte seguente però ho avuto un peggioramento, facevo fatica a respirare, così i miei genitori hanno chiamato l’ambulanza e mi hanno portato in ospedale, all’Infermi".

Per due giorni il giovane insegnante viene ricoverato a Malattie Infettive. "Molti dei miei ricordi sono stati cancellati – confessa – non so se per le medicine che ho preso o per altro – ho dovuto ricostruire molto tramite i messaggi che ho mandato in quel periodo ai miei familiari, alla mia fidanzata. Per esempio non mi ricordo minimamente di aver indossato il casco per respirare, ma ci sono le foto che mi ero scattato a provarlo". Le condizioni però di Mantani peggiorano tanto che viene trasferito in Rianimazione. "Due ore prima mi era stato detto che stavo migliorando – prosegue – poi nel giro di poco. invece, la mia situazione è precipitata. E’ arrivato, invece, un altro medico che mi ha preannunciato che mi avrebbero intubato. Ecco, in quel momento ho avuto davvero paura. Cercavo di darmi forza, ma ho pensato al peggio. Pensavo ai miei genitori, alla mia ragazza, ai miei amici, a tutti coloro che non avrei mai più rivisto. Ero solo". A Mantani hanno poi indotto il coma.

"Dal 24 marzo al 17 aprile sono stato in coma. Mi hanno anche fatto la tracheotomia – prosegue – non ricordo nulla. Solo che facevo dei sogni incredibili, ad un certo punto non sapevo più quale fosse la realtà". E in quei lunghi giorni molte volte i sanitari hanno temuto che Nicolò non ce la facesse.

"Io avevo una polmonite bilaterale, poi batterica ed alla fine anche la setticemia, non mi sono fatto mancare nulla, ma se sono vivo lo devo soprattutto agli operatori, medici, infermieri, gli oss, tutti, che hanno fatto miracoli". Poi il 17 aprile Nicolò è stato risvegliato e dopo 15 giorni è stato trasferito nel reparto post acuti. "Non mi sembrava vero, fortunatamente non ho avuto problemi a livello respiratorio e ai primi di maggio mi hanno dimesso. Però per riuscire a rimettermi bene in piedi ci ho messo un po’". E ora? "Ora sto bene, ma mi fa molto arrabbiare vedere la gente come prende sottogamba il virus. Io non facevo un lavoro a rischio, ero e sono giovane, non sono un habitué della movida, eppure ho preso il Covid in un modo violentissimo. A 32 anni ho rischiato di morire. Bisogna seguire le indicazioni che ci vengono dette. Il virus non guarda in faccia nessuno".  

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