Covid variante inglese: è arrivata a Rimini

Primo caso diagnosticato in un uomo tornato dall’Inghilterra a metà gennaio: era asintomatico. Evitato il focolaio tra familiari e colleghi

Il professor Vittorio Sambri, direttore del laboratorio Ausl di Pievesestina a Cesena

Il professor Vittorio Sambri, direttore del laboratorio Ausl di Pievesestina a Cesena

Rimini, 5 febbraio 2021 - La temibile variante inglese del Covid è arrivata anche tra noi. Il primo caso riguarda un riminese che ha passato un periodo in Inghilterra per motivi di lavoro. Rientrato in Italia, è stato sottoposto al tampone all’aeroporto ’Marconi’ di Bologna (dov’era atterrato il suo volo) risultando positivo al virus. Dai successivi accertamenti, condotti al laboratorio di Pievesestina, è venuto fuori che l’uomo aveva contratto effettivamente la variante inglese del virus. La scoperta è avvenuta quando il riminese, rientrato in Italia a metà gennaio, era ancora in quarantena. Non presentava alcun sintomo, e non ha accusato particolari problemi. Nel frattempo l’Ausl Romagna aveva già provveduto a mettere in isolamento tutti i suoi contatti più stretti: familiari, amici, alcuni colleghi. Non ci sono stati casi di positività tra i suoi contatti: si è riusciti a evitare il focolaio. L’uomo sta bene e ha negativizzato il virus. Il riminese è tra i i 10 contagiati dell’Emilia Romagna, tutti provenienti dall’Inghilterra nelle ultime settimane, sui quali è stata accertata la pericolosa variante del virus, che presenta una maggiore carica virale e un tasso di contagio più elevato rispetto alla ’normale’ forma del Covid. La positività del riminese e di altre 5 persone è stata rilevata direttamente in aeroporto. Altri 4 casi invece sono stati individuati in seguito a verifiche e prontamente segnalati dal servizio di sanità pubblica. Dal 28 dicembre a oggi sono stati eseguiti gli esami specifici sui tamponi di 23 pazienti, rientrati dalla Gran Bretagna o da altri paesi esteri a rischio. I loro risultati sono stati analizzati nel laboratorio di Pievesestina, che ha sottoposto il materiale al cosiddetto sequenziamento whole genome (intero genoma) del virus. Un’operazione particolarmente complessa, per la quale occorrono 4 giorni e mezzo di analisi, dalle quali sono emersi i 10 portatori della variante inglese. A spiegare il procedimento per scovare la variante è lo stesso direttore del laboratorio di Pievesestina, Vittorio Sambri: "Prepariamo manualmente l’Rna del virus, il quale poi viene letto da un’apposita apparecchiatura fino a 30mila o 40mila per stabilire la sequenza del genoma virale. Un processo che richiede oltre 4 giorni. Al termine, attraverso un’analisi bionformatica, viene stabilita la sequenza vera e propria. L’enorme mole di dati ci serve a stabilire se la sequenza è relativa al virus ‘classico’ oppure a una delle varianti finora note, come quella inglese, o a una nuova variante". Quella inglese ha messo in allarme il mondo intero per l’alta carica virale e l’elevato indice di contagio. La Regione, dal 30 gennaio, ha ampliato gli esami specifici sulle varianti anche su chi rientra da Portogallo, Brasile e Sudafrica.