Rimini, cura il tumore con argilla e dieta. Operata d'urgenza

Donna di 65 anni ricoverata all’ospedale di Santarcangelo: ora rifiuta la chemioterapia

Il primario Domenico Samorani (Foto Petrangeli)

Il primario Domenico Samorani (Foto Petrangeli)

Rimini, 22 novembre 2017- Ha cercato di curare il tumore al seno dimagrendo trenta chili, secondo la terribile teoria che affamando il corpo si affama anche il tumore. Poi nelle ultime settimane ha usato dell’argilla come antinfiammatorio. Si tratta di una donna di 65 anni, madre di tre figli, arrivata in condizioni disperate nel reparto di Chirurgia del seno dell’ospedale di Santarcangelo.

 

Ne parliamo con il primario, Domenico Samorani.

Un altro caso, l’ennesimo, di donne che vogliono sconfiggere un cancro al seno con metodologie che non hanno nessun tipo di fondamento scientifico?

«Quando è arrivata sembrava che il tumore le avesse invaso tutto il corpo, tanto era magra. Aveva perso almeno trenta chili, secondo il concetto che bisogno far patire la fame anche al cancro e in questo modo si sconfiggerà. Solo il tumore pesava qualcosa come mezzo chilogrammo. E non è finita»

Cosa intende?

«Nelle ultime settimane aveva messo sul seno dell’argilla nel tentativo di calmare l’infiammazione. Abbiamo faticato non poco per toglierla».

Avete capito chi le avesse fornito questi dissennati consigli?

«No, queste persone non vogliono parlarne. Si capisce che dietro ci sono personaggi che arrivano a dare questo genere di consigli, ma difficilmente si riesce a conoscere la loro identità».

Questa donna non ha una famiglia, qualcuno che potesse aiutarla?

«Ha tre figli ma lei non li ascolta e loro non riescono a farla ragionare».

Voi ci siete riusciti?

«Con molta pazienza le abbiamo fatto capire che doveva curare l’anemia perché aveva perso moltissimo sangue attraverso questo tumore e che doveva essere operata».

Lei come ha reagito?

«Prima ha voluto sapere come facevamo l’operazione, dove veniva fatto il taglio. Sembrava convinta, poi la mattina in cui doveva entrare in sala operatoria è scappata».

Scappata?

«Si è vestita ed è andava via. Uno dei colleghi che lavora con me in reparto l’ha vista e le ho corso dietro, con solo il camice addosso. Lei era fuori che aspettava uno dei figli che venisse a prenderla. Si è seduto con lei sulla panchina e le ha parlato per mezz’ora, fuori nel freddo».

L’ha convinta?

«Sì. E’ stato bravissimo. E siamo riusciti a operarla».

Adesso come sta?

«L’intervento è riuscito, ma ora deve continuare con le terapie. Deve fare la chemio, ma ha già detto che non è intenzionata. Questo non è certo l’unico caso che abbiamo registrato quest’anno: ne sono arrivate almeno altre cinque di donne con tumori curati nel modo più improbabile o non curati. E non creda che siano persone senza istruzione: tra queste c’era anche un medico di Bologna».

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