
Stefano Pagliarani
Ha 68 anni, una bici di 35 kg battezzata Guendalina e una determinazione che sfida l’età, il freddo e la solitudine. Stefano Pagliarani, pensionato di Santa Giustina, ha appena scritto l’ultimo capitolo di un’avventura che sa di leggenda: 4.735 km in 53 giorni, pedalando da casa fino al punto più estremo a nord d’Europa, Capo Nord. Con questo viaggio, Stefano chiude il suo personale cerchio dei quattro punti cardinali del continente: Capo Passero a sud, Istanbul a est, il Portogallo a ovest e ora, finalmente, il vento gelido del nord.
Non c’erano sponsor, telecamere o auto al seguito. Solo lui, la sua Guendalina — una Scott del 2020 — e Matteo Ciepelik, l’amico che da remoto gli trovava un letto caldo e pianificava le tappe. Il resto era tutto sulle sue gambe, sul suo cuore, sulla sua testa. Dalla partenza, con la prima tappa a Gorizia, ha attraversato 11 Paesi, sfidando pioggia battente, notti di luce continua e un freddo così intenso da intorpidire mani e piedi.
Nella memoria resteranno i giorni bloccato dal gelo al confine polacco, ospite di amici per non mollare. Resteranno le pedalate silenziose tra le foreste baltiche, i villaggi di legno immersi nella nebbia, la Lapponia con i Sami che gli hanno salvato i piedi dal congelamento. E resteranno quelle due renne bianche che lo hanno fissato immobili, nel cuore di una strada deserta. "Sembravano spiriti, erano lì per dirmi che ce l’avrei fatta" racconta oggi, sorridendo.
Non è stato facile. Senza conoscere le lingue, armato solo di Google Maps e Google Traduttore, Stefano ha inseguito la strada tra cartelli impronunciabili e connessioni ballerine. Ha perso sette chili, nutrendosi di frutta, panini, brioche e qualche piatto di pasta trovato dopo due settimane di pedalate. Ha stretto i denti nei tunnel scavati tra le montagne, come l’ultimo, a 35 km da Capo Nord: pendenza al 9%, un colpo di reni per arrivare a toccare il cielo del Nord.
Il 16 giugno, mentre il sole di mezzanotte non tramonta mai, Stefano si è fermato a pochi metri dal piazzale turistico. Ha spento Guendalina, si è seduto a terra e ha ascoltato il silenzio. Non voleva selfie di rito, solo qualche parola scambiata con curiosi che lo hanno abbracciato sventolando la sua bandiera italiana.
Ora che è tornato a casa, Stefano sente la fatica come un mantello addosso, ma nessun dolore alle gambe: "Sono ancora buone", ride. La sua avventura non è un record, ma un insegnamento: non serve un’età giusta per inseguire un sogno, serve un sogno abbastanza grande per non avere età. E mentre molti alla sua età cercano riposo, lui pensa già a nuove strade, magari più tranquille, ma sempre in sella a Guendalina. Perché certi viaggi non finiscono mai: cambiano solo strada.
Riccardo Bianchini