Donato Piegari, quanto è grave che simili episodi accadano in un contesto sportivo? "È estremamente grave, soprattutto perché lo sport e gli ambienti giovanili dovrebbero essere luoghi di inclusione, crescita e formazione".
In ambito psicologico, cosa ci dicono gli studi sugli effetti del razzismo sulla salute mentale dei giovani? "Il razzismo ha un forte impatto negativo sulla salute mentale di bambini e ragazzi. Esiste una correlazione diretta tra esperienze di discriminazione e disturbi come ansia, depressione, abuso di sostanze, problemi comportamentali e condotte violente".
Cosa succede quando gli episodi di razzismo coinvolgono direttamente gli adulti come autori? "La gravità della situazione aumenta in maniera esponenziale. Se gli adulti, che dovrebbero essere figure di riferimento e modelli educativi, si macchiano di atteggiamenti razzisti, il danno per i giovani diventa ancora più profondo. Il messaggio che passa è che tali comportamenti siano accettabili, normalizzandoli e perpetuandoli nel tempo".
Lei ha definito il razzismo come una forma di violenza. Può approfondire questo concetto? "Il razzismo non è solo un pregiudizio o un’opinione, ma una forma di violenza che ha precise funzioni psicologiche e sociali. Chi adotta comportamenti razzisti spesso lo fa per rispondere a una sensazione di insicurezza o minaccia, come se la propria identità fosse sotto assedio. Storicamente, le città venivano circondate da mura per difendersi dai nemici esterni. Allo stesso modo, chi manifesta atteggiamenti razzisti costruisce barriere emotive e culturali per proteggere se stesso".
Quindi il razzismo non è solo un problema individuale, ma un fallimento collettivo? "Assolutamente sì. Quando episodi di razzismo si verificano, la responsabilità non è soltanto di chi li mette in atto. Sono il sintomo di una società che non ha saputo educare adeguatamente al rispetto e alla convivenza".