Femminicidio di via Rastelli, la polizia a caccia di nuovi indizi

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Ricostruire in maniera dettagliata l’esatta sequenza di azioni che hanno portato al femminicidio di Cristina Peroni, la ragazza massacrata con 50 coltellate e diversi colpi di mattarello dal compagno, Simone Benedetto Vultaggio. Questo l’obiettivo a cui stanno lavorando gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, che stanno indagando sul brutale delitto consumatosi il 25 giugno scorso nell’appartamento di via Rastelli. Ieri mattina la Polizia scientifica è tornata nuovamente nella casa teatro dell’aggressione per svolgere un sopralluogo e ‘isolare’ le impronte lasciate da Vultaggio e dalla vittima. Indizi che permetteranno agli investigatori di fare luce sulla dinamica della feroce aggressione. Un’operazione considerata fondamentale dagli investigatori. Anche perché l’omicida, difeso dall’avvocato Alessandro Buzzoni, ha ammesso di non ricordare nulla del momento in cui ha afferrato il coltello per vibrarlo contro la compagnia: un blackout quasi totale. Vultaggio ricorda solamente di aver litigato furiosamente con Cristina, temendo che quest’ultima fosse intenzionata a lasciarlo, portando con sé il figlio di appena sei mesi.

Ora entrambe le famiglie – sia quella di Cristina che quella di Simone – hanno chiesto di poter crescere il piccolo, che è attualmente ospite di una struttura protetta. Martedì, all’udienza al tribunale dei minori per decidere sull’affidamento del bambino, la sorella dell’assassino si è detta pronta a prendersi cura del piccolo. Stessa richiesta ribadita anche dalla famiglia della vittima, che poche settimane prima di essere ammazzata si era rivolta ad un legale proprio per capire come poter tutelare e gestire il bambino, tenendolo lontano da Vultaggio.