Coppia gay chiede il riconoscimento dei figli, il Comune di Riccione dice no

Ricorso in Tribunale: "I nostri gemellini hanno due mamme"

Riccione, Serena Galassi e Giada Buldrini

Riccione, Serena Galassi e Giada Buldrini

Rimini, 30 dicembre 2018 - I due gemelli hanno cinque anni e sono il frutto dell’amore di due donne, Serena Galassi e Giada Buldrini, infermiera ospedaliera la prima, edicolante la seconda. Ma all’anagrafe del Comune di Riccione sono stati registrati solo da una delle due donne, da quella che li ha effettivamente partoriti. La mamma biologica, quella che ha fornito il patrimonio genetico ai due gemellini, al momento non figura. E’ esclusa da tutto. Così a metà novembre le due donne, assistite dall’avvocato Katia Buldrini, hanno presentato al Comune di Riccione la richiesta di riconoscimento di filiazione fuori dal matrimonio, richiesta successiva alla dichiarazione di nascita. Pochi giorni fa è arrivata la replica dall’Ufficio Anagrafe: «La legge non lo consente, ci devono essere un padre e una madre e non due madri». Ma Serena e Giada non si sono fermate e, tramite l’avvocato Buldrini, hanno depositato ieri il ricorso in Tribunale, a Rimini, contro il provvedimento dell’amministrazione riccionese.

Spiega il legale: «La Costituzione non vieta alle coppie gay di avere figli, il non ottenere il riconoscimento dell’altra madre andrebbe a discapito totale dell’interesse dei minori che è superiore a tutto. Così si rischia di privare due bambini della loro identità, del loro patrimonio genetico e anche di escluderli dall’asse di successione della loro madre biologica. Se la Corte di Cassazione ammette la trascrizione di nascite avvenute all’estero e anche l’adozione del figlio del partner, perchè dovrebbe negare il riconoscimento da parte della madre genetica dei suoi figli?».

Serena interviene: «Giada è la mamma a tutti gli effetti, abbiamo le carte che lo dimostrano, ce lo nega solo il Comune di Riccione». I gemelli sono stati fortissimanente voluti dalle due donne che, nel 2012, grazie alla fecondazione eterologa (con donatori di spermatozoi esterni alla coppia) effettuata in Spagna, in un centro di Barcellona, hanno potuto vedere coronare il loro sogno di maternità. Giada ha donato gli ovuli che, dopo essere stati fecondati in vitro, sono stati impiantati nell’utero di Serena che nel luglio 2013 li ha messi al mondo all’ospedale di Rimini.

«Abbiamo aspettato prima di fare la richiesta di riconoscimento perchè volevamo che anche i bambini fossero pronti e capissero la realtà – spiega Serena –. Quando sono nati non c’erano le unioni civili o la step child adoption. La nostra battaglia non si ferma qui, è giusto che Giada sia riconosciuta dalla legge come madre». Proprio di recente, il Tribunale di Genova ha riconosciuto a una coppia di lesbiche il diritto di iscrivere i loro bambini come figli di due madri. Anche in questo caso esclusa da ogni diritto figurava proprio la donna che aveva donato gli ovuli.