Paura per un "futuro pieno di incertezze". Una violenza che deriva "dal mancato riconoscimento di qualsiasi istituzione o autorità". Un uso smodato dei social network "come unica forma di espressione". Sono questi, secondo la sociologa e criminologa riminese Elena Angelini (foto), alcuni degli elementi che vanno tenuti in debita considerazione "quando si analizza il fenomeno delle baby gang". "Fenomeno – premette – che non rappresenta affatto una novità, e che nel nostro Paese viene studiato da oltre vent’anni". Nel 2021, secondo i dati della Direzione centrale della Polizia criminale, il numero di minori denunciati o arrestati è aumentato del 10% rispetto all’anno precedente. Cosa c’è dietro questo trend? "Un disagio complesso che ha radici profonde, non facile da comprendere. Scuola e lavoro sembrano non offrire più le stesse opportunità di un tempo. I giovani vedono davanti ai loro occhi un grande buio. Sono impauriti, disorientati: si crea una forma di attrazione spontanea tra gruppi di pari. Nascono così quelle che definiamo gang, le quali molto spesso rappresentano un surrogato o una sorta di seconda famiglia". Come si spiegano gli eccessi di violenza visti negli ultimi anni? "Parliamo di persone private di un orizzonte di crescita futura e che quindi non hanno nulla da perdere. Giovani che commettono azioni criminali ma che non hanno nessuna ‘cultura’ del crimine. La violenza è una reazione inevitabile, un modo per esprimere rabbia e frustrazione". Anche i video sui social network lo sono? "I social diventano un modo per lasciare un’impronta tangibile, anche se effimera, nel mondo, l’unico strumento di comunicazione rimasto quando la società, attorno, sembra parlare una lingua diversa dalla tua. Molti puntano i dito contro i social, ma la verità è che certi fatti accadrebbero anche senza la cassa di risonanza del web". Stando alle cronache, molti dei protagonisti di furti e rapine sembrano accomunati dall’essere italiani di seconda generazione. "I figli di famiglie di origine straniera si trovano in alcuni casi ad avere un’esistenza spaccata: i valori che trovano a casa sono talvolta diversi da quelli della società in cui vivono. Questo genera della personalità divise, confuse. Ma sarebbe un errore ridurre il discorso sulle baby gang ad una questione etnica: la verità è che il fenomeno è diffuso in ogni strato sociale".