Giulio Lolli rivela. "Ho complici mai scoperti"

L'ex imprenditore di Rimini Yacht davanti al magistrato riminese che gli ha dato la caccia per nove anni. La sua verità: "Altri sono spariti"

Il documento: Giulio Lolli è stato estradato a dicembre, dopo 9 anni di latitanza

Il documento: Giulio Lolli è stato estradato a dicembre, dopo 9 anni di latitanza

Rimini 16 gennaio 2020 - Ieri mattina, per la prima volta Giulio Lolli si è trovato di fronte al magistrato riminese che gli ha dato la caccia per nove anni, e che alla fine è riuscito a farlo tornare in Italia. Un interrogatorio di quasi cinque ore, quello avvenuto nel carcere di Regina Coeli fra il Pirata, assistito dall’avvocato Antonio Petroncini, e il sostituto procuratore, Davide Ercolani, accompagnato invece dai carabinieri della Sezione di polizia giudiziaria.

"Se avessi voluto sparire con i soldi mi sarebbe bastato vendere un paio di yacht e poi prendere il largo". Lolli ha risposto a tutte le domande, confessando senza reticenze la sua attività di truffatore, inaugurata senza troppi scrupoli per salvare un’azienda, la Rimini Yacht, che voleva proiettare in Borsa. Quando ha capito che tutto era perduto, è scappato. Truffatore sì, ha ribadito, ma estorsore mai. "Non dovevo minacciare né intimidire nessuno, perché ci legava un contratto".

Leggi anche Giulio Lolli pronto a raccontare la sua verità Non solo, il Pirata è stato talmente collaborativo da fornire al magistrato riminese altri spunti di indagine. Qualcuno l’ha fatta franca, ha fatto intendere. "Ce n’è uno – ha detto – che ha fatto sparire tre barche senza che nessuno sospettasse di lui". Lolli, sportivo come sempre, ha fatto anche i complimenti agli investigatori per la ricostruzione ineccepibile della sua ‘avventura’. Tranne qualche dettaglio sulla fuga dall’Italia a Tunisi che, ha raccontato, non avvenne in barca ma in aereo, dall’aeroporto di Nizza.

Ha parlato delle persone che l’hanno aiutato nella sua lunga latitanza, stranieri e italiani, e anche questo potrebbe essere per gli inquirenti un altro filone d’indagine. L’ex imprenditore è però accusato anche di terrorismo per il presunto traffico di armi, un reato che prevede il suo trasferimento in un carcere di massima sicurezza in Sardegna. Sta cercando di evitarlo a tutti i costi, vuole restare a Roma, nella speranza di poter vedere al più presto i suoi famigliari che hanno ancora il divieto di colloquio. I pacchi che gli ha inviato sua madre, con un paio di occhiali da lettura (unica cosa che ha chiesto) sono fermi alle poste romane, perché non c’è nessuno che li consegni.